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Le facce della verità

Autore: Orazio Dotta
Testata: La Regione (Svizzera)
Data: 7 giugno 2006

Grazie alle Edizioni e/o di Roma i lettori hanno la possibilità di leggere un romanzo fresco e di grande impatto emozionale e sociale. Si tratta di Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio dell’algerino Amara Lakhous. Un titolo lungo che ci ricorda quelli dei film di Lina Werthmüller, regista impegnata nel raffigurare i problemi sociali ed economici della sua epoca. Lo stesso Lakhous dice di amare il cinema e di studiarne il linguaggio alla ricerca di nuovi percorsi narrativi. Il romanzo risente di questa sua passione, con una narrazione che si dipana su piani e angolazioni diverse; proprio come avviene nel cinema. Non a caso uno dei numerosi personaggi che costellano il libro, l’olandese Johan Van Marten, è un aspirante regista che coltiva il sogno di rilanciare il filone del Neorealismo.

Scontro di civiltà per un ascensore a piazza Vittorio si presenta in veste di giallo multietnico. Una scelta che permette, attraverso quest’espediente narrativo, un approfondimento delle varie realtà presenti in uno stabile di piazza Vittorio a Roma; quartiere noto per la sua grande concentrazione d’immigrati. «Basta che fai un giro di pomeriggio nei giardini di piazza Vittorio – dice la portinaia napoletana Benedetta Esposito – per vedere che la stragrande maggioranza della gente sono forestieri: chi viene dal Marocco, chi dalla Romania, dalla Cina, dall’India, dalla Polonia, dal Senegal, dall’Albania. Vivere con loro è impossibile».

Nel palazzo custodito da Benedetta, Lorenzo Manfredini detto il “ gladiatore”, personaggio rozzo ed arrogante con l’odiosa abitudine di pisciare nell’ascensore, viene trovato morto. Il racconto, a tratti ironico, a tratti tagliente ruota attorno a questa vicenda; segnato dalle opinioni dei vari attori, dalle loro frustrazioni razzistiche e dalle considerazioni e riflessioni di Amedeo, il principale indagato.

Il libro si snoda su tre livelli. Nel primo troviamo la descrizione e la storia di questo quartiere di Roma animato dalle vite dei suoi abitanti; vite che s’intrecciano, ognuna con un bagaglio di conoscenza e di cultura diverso dalle altre e che, con la forza della necessità, cerca di trovare il minimo comun denominatore di convivenza. Nel secondo ci si concentra sulla definizione del concetto di Nazione; nozione, in un contesto di pluralità culturale, in continuo mutamento. Nel terzo troviamo un’idea fugace di come lo scontro di civiltà, presente nell’immaginario collettivo, è capace di stravolgere la realtà delle cose.

Il romanzo, altra particolarità sostanziale, non è stato scritto in italiano, bensì in arabo e pubblicato in Algeria con il titolo Come farti allattare dalla lupa senza che ti morda. L’esigenza di scrivere nella lingua del proprio paese, per un autore che fa parte della diaspora degli intellettuali arabi costretti a trasferirsi a causa delle loro idee politiche, è dettata dalla necessità di mantenere un contatto stretto e vivo con il paese di provenienza. Un estremo tentativo di vivere nella propria terra pur essendo costretti all’estero. Non a caso il suo primo romanzo Le cimici e il pirata ( Arlem editore, 1999) è stato pubblicato in arabo con la traduzione italiana a fronte.

Amara Lakhous, che si sente sempre più legato al paese d’accoglienza, l’Italia, decide in questo caso di fare un’operazione interessante: trascrivere in italiano, e non tradurre, il suo lavoro. La differenza tra traduzione e trascrizione risulta nodale. Non si tratta unicamente di trasporre in un’altra lingua il testo narrativo, ma di rielaborarlo in modo da renderlo attrattivo e pregno di significati per il lettore. L’autore può così riscrivere la storia a suo piacimento, libero dai vincoli ai quali inevitabilmente deve assoggettarsi un traduttore. Nella versione italiana, infatti, alcune parti sono state cancellate, altre sono state inserite di bel nuovo, altre ancora rivisitate. Così facendo Lakhous ha potuto giocare con la lingua caratterizzando i vari personaggi con le espressioni proprie del loro dialetto: il milanese, il romano, il napoletano. Giochi letterari impossibili da fare nella versione araba.

In questo romanzo si evince, sin dalle prime righe, il grande lavoro di ricerca svolto da Lakhous. La provenienza da un paese con cultura e storia diverse, e l’appartenenza ad una minoranza che deve lottare ogni giorno per dimostrare le proprie qualità e la propria identità, è una molla importante che spinge l’autore a conoscere e a studiare il paese in cui si trova a vivere. Il risultato: un quadro dell’Italia, dipinto da un narratore berbero, vivace e molto vicino alla realtà.

Amara Lakhous nel 1995 è dovuto partire dal suo paese d’origine lasciando da un giorno all’altro i propri affetti. Situazione che in qualche modo non c’è estranea, se pensiamo ai nostri avi costretti per questioni economiche, e non politiche, ad emigrare in cerca di nuove opportunità. Il tragitto casa aeroporto per Lakhous è stato un cammino verso il cimitero, verso la morte.

La rinascita arriva per lui in un altro aeroporto, quello di Roma; città in cui cerca d’inserirsi e in cui ottiene la laurea in antropologia culturale che va ad aggiungersi a quella in filosofia, che già si porta appresso. Solo otto anni dopo il suo esilio forzato riesce a ritornare nel suo paese per ritrovare i propri cari; ritorna in un paese profondamente cambiato, quasi straniero. Questo e molto altro è Lakhous. Personaggio interessante e modesto; di quella modestia propria delle persone mature ed intelligenti. Conoscere il background di uno scrittore spesso è fondamentale per capire a fondo i suoi scritti. Nel caso di Lakhous, che oltre ad essere scrittore è anche giornalista, è oltremodo utile per apprezzare un piatto, quello che ci offre, denso di sapori ben amalgamati.

Lakhous sembra suggerirci che le emozioni non hanno confini politici o geografici, e che la verità sui fatti, sulle persone e sui loro comportamenti non è mai una sola; non esiste una verità assoluta, ma un insieme di verità che unite costituiscono ciò che siamo. Una lettura utile, che si contrappone con forza ai luoghi comuni sugli stranieri, che si situa nel bel mezzo del dibattito che coinvolge una società sempre più complessa e composita. Uno scrittore nuovo, una piacevole scoperta, che arricchisce il panorama letterario italiano con una ventata di freschezza e di sincerità narrativa.