Il più originale degli immigrati che scrivono in italiano è il trentacinquenne Amara Lakhous, algerino, a Roma dal 1995, due lauree, giornalista, lettore appassionato - e si vede - del Pasticciaccio gaddiano.
Nel romanzo Scontro di civiltà per un ascensore a piazza vittorio (e/o, pp. 189, e 12), uscito in patria con titolo diverso, Premio Flaiano 2006, undici personaggi raccontano la propria verità su episodi accaduti nel quartiere romano dell'Esquilino, brulicante universo multietnico.
Sono pagine di nostalgia struggente, candida ingenuità, brio grottesco, discretamente intarsiate di lessico arabo, napoletano, romanesco, e di citazioni proverbiali. La portinaia e l'ascensore si annodano in una metafora classista del corpo edilizio e sociale della città.
Esilaranti intoppi burocratici, odiosi pregiudizi, il rapimento di un cane, la scoperta di un omicidio costellano il progressivo italianamento dell'algerino Ahmed Salmi: per amore di una donna, che sposerà, rinuncia al nome (tutti lo chiamano Amedeo), persino alla lingua madre. "Il dizionario Zingarelli è il mio biberon", confessa, "l'italiano il mio latte quotidiano".