Carlotto, ha scritto l'apologia di un reo.
Non parlerei di un'apologia quanto di un libro sulla memoria: ho usato una storia criminale per raccontare un pezzo di storia d'Italia, un periodo particolare e un mondo particolare, fatto di contrabbando e di rapine, che non esiste più.
Il malavitoso etico, che evita droga e mafia... pensavamo fosse folklore.
La criminalità è lo specchio della società che lo esprime. Quel tipo di criminale è esistito fino agli anni Sessanta, Settanta, poi è stato spazzato via. Con il riflusso di quei gruppi malavitosi sul modello dei "fratelli della costa" sono scomparsi.
La vicenda umana di Rossini ricorda quella raccontata da Bunker, ma parla meno di quello che potrebbe della vita in carcere.
Beniamino ha voluto parlare della galera solo per fissare un po' di memoria su alcuni punti fondamentali della storia carceraria - dalle rivolte fino alla pacificazione con la legge Gozzini - e spazzare via alcuni luoghi comuni: quello delle carceri come hotel a quattro stelle, e quello della detenzione che ti rende migliore, ti rieduca.
Che cosa sarà stato peggio per i suoi vecchi contrabbandieri stalinisti, la Bolognina o Schengen?
Ai tempi della Bolognina non esistevano già più, figuriamoci quando è stato firmato il trattato di Schengen. La cosa impressionante è che tutto un mondo, tutto un microcosmo criminale che si reggeva su regole perfezionate nei secoli e si tramandava di padre in figlio è stato spazzato via da un momento all'altro, e non da un'offensiva dello Stato o da un inasprimento delle pene: a cancellarlo è stato un banale aumento dei prezzi in Svizzera.
Quanto ha impiegato a scrivere La terra della mia anima?
Un anno esatto. Devo dire che è stato in assoluto il libro più difficile da scrivere: ci tenevo a restare il più possibile fedele al punto di vista di Beniamino.
Mai avuto il sospetto che abbellisse i ricordi che le ha dettato?
E' stato sempre molto onesto, mai autocelebrativo.
Una persona seria
Esattamente.