Il Salotto: Intervista a Fabio Bartolomei
Autore: Lorena Bruno
Testata: CriticaLetteraria.org
Data: 5 marzo 2012
Più o meno un anno fa Fabio Bartolomei esordiva con un romanzo dal titolo un po' strano, Giulia 1300 e altri miracoli, che ho avuto il piacere di recensire, non senza uno scambio di email con l'autore. Si è rivelato uno scrittore di spessore, dalla prosa scorrevole; di buoni sentimenti, ma non melenso; capace di dar risalto alla bellezza delle cose semplici, ma senza ovvietà; capace di far ridere ma senza smettere di dar da pensare.
Poco tempo fa mi parlava di un secondo romanzo che sarebbe uscito a metà febbraio, se tutto fosse andato come doveva. A quanto pare è filato tutto liscio, infatti La banda degli invisibili dal 15 febbraio è in libreria.
Questa volta, però, l'abbiamo intervistato.
Lorena: Qual è quell'aspetto di Giulia 1300 e altri miracoli di cui hai avuto più cura, quello di cui vai più orgoglioso...è forse il modo in cui hai dato vita ai personaggi, ognuno con le sue sfumature, o il tuo stile così piacevole, o magari il messaggio...come quello dei vuoti che lascia la mafia.
Fabio: L'aspetto di cui ho avuto più cura è la storia nel suo complesso, ho lavorato per renderla immediata, significativa e interessante. ho cercato di dosare spensieratezza e spessore, comicità e analisi.
I personaggi sono nati per essere un gruppo. quindi i caratteri individuali sono stati plasmati dall'inizio per dare vita a reazioni divertenti e imprevedibili. basta pensare alle relazioni Fausto-Claudio, Sergio-Fausto o Elisa-Diego.
C'è il riscatto di quattro uomini fin troppo medi, nel quale si può leggere una società di uomini mediocri ai quali però basta un nulla, un'opportunità (una fuga dai meccanismi trita-umanità della società stessa) per trasformarsi in piccoli eroi. C'è la forza del gruppo (multietnico, multiculturale, multisfigato) che riesce a spuntarla sulla camorra. E c'è un piccolo miracolo di cui tutti, credo, abbiamo bisogno.
Il messaggio per me non è importante. è più importante che di fronte a una storia che ha diversi piani di lettura le persone ricavino il proprio, personale, anche non condivisibile.
Lorena: A mio parere sei riuscito a rendere la storia immediata, i tuoi personaggi sono decisamente veri. Sono dei piccoli eroi alla fine, quello è innegabile, ma non dai spazio per idealizzarli, sono come sono, con le loro debolezze, il desiderio di mettersi in gioco.
Forse non sei il tipo da dare messaggi, ma penso che ci sia più di uno spunto su cui riflettere, tra le tue pagine e quella sulla mafia è una riflessione non banale, considerando che hai costruito una storia con degli elementi molto semplici, non era facile evitare le banalità.
Fabio: Mi interessava che i personaggi fossero veri. nel loro insieme non sono rappresentativi della nostra società ma di una sua porzione consistente sì, lo sono eccome. sono persone senza mezzi, irrisolte (basta vedere i loro rapporti con le donne) e ignoranti (o peggio, culturalmente appiattite) eppure la loro è l'umanità più bella da raccontare. Perché come ti dicevo il riscatto è dietro l'angolo. Spengono la tv, si mettono in gioco, rischiano e da quel momento nulla sarà più come prima. Sono obbligati (anzi si obbligano) a un cambiamento che nel loro caso non può che essere positivo.
Certo è facile sguazzare nei difetti dell'uomo medio italiano, ci sono infiniti spunti comici e la critica sull'appannamento culturale della nostra società diventa un boccone ghiotto, ma la vera soddisfazione durante la scrittura è stata cavar fuori da quegli individui la parte bella e romantica.
Lorena: Sempre in Giulia 1300 e altri miracoli, c'è un personaggio molto particolare, un camorrista che è anche un esperto conoscitore di musica classica. Sei tu l'intenditore che c'è dietro a Vito? E soprattutto, ascolti musica mentre scrivi? Di che genere?
Fabio: La musica classica mi piace molto ma non sono affatto un intenditore. Quindi dietro Vito c’è solo una scrupolosa ricerca nella mia modesta collezione di cd. Scrivo quasi sempre con un sottofondo musicale che però è estremamente variabile a seconda del genere di ispirazione che sto cercando e anche dell’orario. Cliccando sui più ascoltati del mio iTunes compaiono: Eels, ùlfur ùlfur, Thelonious Monk e Bugo. Credo sia tutto.
Lorena: Leggendo il tuo nuovo libro, La banda degli invisibili, ho avuto la sensazione che sia un libro più impegnato politicamente rispetto a Giulia 1300. Il tuo primo romanzo aveva sempre un sapore politico ma era forse più stemperato, mentre nell'ultimo i protagonisti sono ex partigiani, riflettono molto sui privilegi delle caste e su altri temi strettamente legati alla politica italiana. Diresti che c'è rabbia nelle tue pagine? Indignazione?
Fabio: Bisogna avere l’encefalogramma piatto per riuscire ad assistere ai fatti che riguardano il nostro Paese senza provare rabbia e indignazione. La sfida sta nel riuscire a trasformare questi sentimenti in qualcosa di positivo e io, nel mio piccolo, li ho trasformati in un romanzo. Ho pensato che proporre un confronto tra i veri benemeriti della patria e gli onorevoli del parlamento, tra l’umanità dei primi e la sconfortante rozzezza dei secondi, fosse un buon modo per rendere giustizia a chi la merita, e anche per sfogarsi un po’, lo ammetto.
Lorena: Non è cambiato invece il modo in cui "fotografi" certe quotidianità, le tue pagine sono molto concrete: leggendoti si ha l'impressione di una realtà vera, che ognuno può riscontrare fin nelle piccole cose della vita di tutti i giorni. Hai avuto dei modelli rispetto a questa tua capacità? Modelli che ti hanno ispirato o influenzato, che siano letterari o cinematografici?
Fabio: Mi hanno detto così tante volte che i miei romanzi sembrano film di Monicelli che alla fine ho iniziato a crederci (con un paragone così non è stato certo difficile). Mi piace fotografare la quotidianità più vera per poi sgattaiolare dal realismo per creare situazioni e scenari surreali. È un equilibrio: il surreale ha bisogno del realismo per essere coinvolgente e spiazzante, il realismo ha bisogno di un cambio di rotta perché è lì che poi si trovano le invenzioni, la fantasia e a volte un po’ di poesia.
Lorena: Quando parli di Roth ti riferisci a Philip o a Joseph?
Fabio: Mi riferivo a Philip, ma anche Joseph mi piace molto.
Lorena: Anche a me. Facci curiosare un po' nella tua libreria, cosa leggi con piacere? C'è un libro che vedi spesso negli scaffali delle librerie, ti incuriosisce ma che ancora non ti sei deciso a comprare?
Fabio: Facciamo così, ti dico gli ultimi cinque che ho letto: La tonsura di Bohumil Hrabal, Non lasciarmi di Kazuo Ishiguro, La malora di Beppe Fenoglio, L’erba cattiva di Ago Panini e Racconti comici di Mark Twain. Una bella cinquina, letta con molto piacere.
Non c’è un libro che mi incuriosisce e che non mi sono deciso a comprare, però ce ne sono due che desidero leggere e dei quali mi scordo regolarmente appena varco la soglia della libreria: Don Chisciotte della Mancia e Orlando Furioso. Ora che l’ho anche scritto su un’intervista me ne ricorderò la prossima volta? Vediamo.
Lorena: Un'ultima domanda, quanto è vero per te, da uno a dieci, che uno scrittore può scrivere bene solo di ciò che conosce?
Fabio: Bella domanda. Vediamo se riesco a sgattaiolare in qualche modo. Dunque. Direi che fondamentalmente bisogna essere degli ottimi conoscitori dell’animo umano perché questa conoscenza ti permette di creare dei personaggi che siano credibili, con un buon lavoro di ricerca, nel ruolo di granatieri nella guerra d’indipendenza, di astronauti su marte, di vittime della carestia o di un naufragio a Ibiza.
Un giorno negherò di aver dato questa risposta. Me lo sento.