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Un divorzio per capire l’islam, in casa nostra

Autore: Claudio Toscani
Testata: Il nostro tempo
Data: 13 settembre 2011

Bisognerà che quanto prima noi tutti cominciamo a sapere qualcosa di più e meglio su di loro. Stiamo parlando degli immigrati, o come variamente li chiamiamo, le migliaia e migliaia di persone che da Paesi stranieri sono venuti in Italia, ci vivono magari da più generazioni, hanno la nostra stessa cittadinanza e i nostri stessi diritti, ma non la stessa considerazione, lo stesso rispetto, lo stesso trattamento. Amara Lakhous è un quarantunenne intellettuale algerino residente da sedici anni a Roma, laureato in Filosofi a e in Antropologia, autore di diversi libri intesi a denunciare come si vive, da noi, anche se non solo da noi, l'"islam" (gli immigrati musulmami arabi), in condizione di minorità oltre che di minoranza. «Divorzio all'islamica a Viale Marconi» (Ed. e/o, pp. 188, euro 16,00) è un romanzo, una narrazione liquida, intrigante, venata di suspence , a metà tra verità sociostorica dei popoli che migrano e attualità ideologico-politica di quelli che li ospitano. Cioè a dire: tra rivelazione di una società e di una cultura, che pur non essendo lontane geografi camente, distano da noi anni luce intellettuali e comportamentali, e povertà di spirito circa una umana e cristiana ospitalità interrazziale. La ventina di capitoli del libro sono pariteticamente recitati da due narranti entrambi in prima persona. Ora parla Issa Kamli (falso nome di Christian Mazzari, detto anche il Marcello arabo), un italo-tunisino che dalla Sicilia si sposta a Roma e viene coinvolto dal Sismi nell'operazione «Little Cairo», come infi ltrato in cellule terroristiche che si sospettano in procinto di un attentato nella capitale. Ora parla Sàfi a (o meglio Sofìa) nata in Italia da genitori egiziani, moglie dell'architetto Said, lui pure della terra delle piramidi, che a Roma fa il cuoco e si fa chiamare Felice. Va da sé che questi personaggi sono destinati ad animare la trama del romanzo, insieme ad altri, come il capitano del Sismi Tassarotti; Akhram, il titolare di un bar; Teresa, l'affi ttuaria di squallidi posti letto per disgraziati che, se lavorano, lavorano rigorosamente in nero, senza permesso di soggiorno o altro riconoscimento sociale. Mentre il libro ci fornisce uno spaccato del mondo arabo, usanze e osservanze connesse, pesanti obblighi religiosi e non meno assillanti rapporti coniugali, patenti diversità tra sessi e asfi ssia gerarchica di mariti sulle mogli, il lettore assiste a un "divorzio islamico" (abbastanza sbrigativo, a dire il vero, se basta al coniuge ripudiare verbalmente per tre volte la consorte, e il gioco è fatto). Nel frattempo, le manovre spionistiche dell'infi ltrato Issa hanno un loro imprevedibile svolgimento. Anche i due io narranti del libro avranno una storia, Issa e Sofi a, non propriamente volta a buon fi ne. Ma ciò che di più o meno inatteso, più o meno complicato, o più o meno profi cuo per i risultati dell'indagine dei servizi segreti viene a galla tra pagina e pagina, è il fatto che tutto è fi ltrato dalla rete delle rivelazioni dei modi e dei momenti in cui Occidente e Oriente si pongono a confronto: ora è la nostra politica vista con gli occhi degli arabi di casa nostra; ora la messa in ostaggio dei clandestini da parte delle nostre stesse istituzioni; ora il tentativo di assimilare la nostra cultura da parte loro. Poi ecco il dovere di saperlo leggere bene, noi, il loro animo, capire la loro fede, sapere qualcosa almeno del loro Corano, qualche parola della loro lingua anche, come loro si danno da fare per imparare e parlare la nostra. Il romanzo di Lakhous è un invito: è la preveggente mano tesa di un uomo di cultura straniero che, avendo capito di noi più di noi stessi, ci mette in guardia sulla nostra ormai contraddittoria, antistorica, oltre che anticristiana renitenza all'integrazione.