Il saggio di Samuel Huntington The clash of civilizations, tradotto e pubblicato in quasi tutto il mondo, ha dato nascita alloggetto planetario delle nostre angosce: lo scontro di civiltà. Un pensiero fisso si è infiltrato nei nostri sguardi facendo sì che non guardiamo più il mondo nello stesso modo. Da esso ha preso il via tutta una letteratura politica, storica, sociologica, geopolitica che ha invaso le librerie, i giornali, le televisioni, in cui sembra che il mondo intero sia diventato unenorme palestra per allenarsi allultimo scontro.
Raramente però cerchiamo di capire come vivono gli immigrati, protagonisti loro malgrado dello scontro, come si misurano quotidianamente con quellidea di guerra tra le culture, con quella percezione del mondo. Ci è voluto un romanzo Scontro di civiltà per un ascensore in piazza Vittorio - di Amara Lakhous, giovane e brillante scrittore algerino che vive in Italia da oltre dieci anni, fuggito dallorrore della guerra fondamentalista - scritto dapprima in arabo e pubblicato in Algeria, poi tradotto in italiano dallautore stesso e ora pubblicato da e/o (pagg 192, euro 12), per mostrare il carattere grottesco e tragico di uno scontro planetario tra civiltà.
Il racconto si svolge in uno dei quartieri più centrali e tipici di Roma, quello di piazza Vittorio, luogo esemplare di una contaminazione che non è solo idea astratta ma vita quotidiana di un piccolo popolo: quel nuovo popolo di Roma fatto di venditori ambulanti marocchini, pizzaioli egiziani, intellettuali iraniani, badanti peruviane e filippine, operai albanesi.
Tutto si svolge tra piazza Vittorio, un palazzo e un ascensore; cè la custode del palazzo, la gente che entra e che esce, lascensore che va su e giù, tracciando pezzi di vita, situazioni rocambolesche e un intrigo poliziesco. L ascensore è metafora di unandata e ritorno, figura dellimmigrato la cui vita spesso è aggrappata a un pezzo di carta: il permesso di soggiorno. Ci sono i poliziotti che confondono il nome con il cognome e viceversa, e la paura di un errore, che farebbe rischiare allimmigrato di venire un giorno confuso con un criminale. Ogni personaggio approda alla vita romana portando con sé il peso del proprio passato: è così per lolandese, per liraniano, per lalgerino, per la filippina e la peruviana. In una delle più belle pagine del romanzo questultima riflette:
Vorrei essere tranquilla ma non ho nemmeno i documenti. Sono come una barca con le vele distrutte, sottomessa alla volontà delle rocce e delle onde. Se avessi il permesso di soggiorno non permetterei alla portiera napoletana di prendermi in giro e di offendermi. Mi chiama sempre la Filippina. Le ho ripetuto più volte: Io non vengo dalle Filippine ma dal Perù
Perché mi disprezzi? Ti ho forse mancato di rispetto senza accorgermene.
Lascensore rappresenta anche unaltra metafora: andare su e giù significa passare da una riva allaltra, dunque tradurre. Lextracomunitario è innanzitutto un traduttore, per lui la traduzione è scelta ma anche obbligo: è unesperienza che lautore stesso ha fatto, contaminando la sua lingua e litaliano, la lingua tradotta. La traduzione non può limitarsi a far passare al meglio il messaggio da una lingua allaltra; questo romanzo rappresenta una riflessione sulla traduzione, sulla conversione da una lingua allaltra.
Il libro è anche uno sguardo sullItalia di oggi, unItalia del tutto diversa da quella di ventanni fa, unItalia una e multipla, che vuole cambiare ma ha paura del cambiamento. Nel racconto cè liraniano Parvis, che si è cucito la bocca perché non vuole più parlare; cè il giovane regista olandese, innamorato del cinema neorealista, che cerca tra gli immigrati unItalia che non cè più. Cè tutto un mondo che ribolle: storie di vite sempre sottosopra, di percorsi, sogni, incubi ricorrenti.
Nelle ultime pagine del libro affiorano i ricordi: con una serie di flash successivi uno dei personaggi rivive la propria nascita e il proprio matrimonio, i cui riti sono accomunati dalla presenza del sangue. Riflettendo sulla descrizione di quellincubo, ho ripensato alla tesi dellantropologa Germaine Tillon, che la differenza fra i sessi nelle società tradizionali si impernia sul fatto che la donna perde il proprio sangue durante il ciclo mestruale, luomo lo perde quando va in guerra. Il sangue è simbolo della creazione e al contempo della distruzione, dellinizio e della fine di ogni cosa.
La traduzione ristabilisce lordine, impedisce la distruzione.