Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Amara Lakhous, Un pirata piccolo piccolo

Testata: Gruppo/i di Lettura
Data: 5 dicembre 2011

In questo blog abbiamo più volte richiamato lo scrittore algerino Amara Lakhous e scritto recensioni sul suo romanzo più famoso e premiato Scontro di civiltà per un ascensore a Piazza Vittorio, pubblicato nel 2006, seguito poi nel 2010 da Divorzio all’islamica a viale Marconi.
A maggio 2011 sempre la casa editrice e/o ha pubblicato Un pirata piccolo piccolo, che è solo per ordine di successione il terzo edito in Italia, ma, come Amara ricorda nella sua introduzione, è in realtà il suo primo romanzo scritto nel 1993, addirittura quando ventitreenne era ancora in un’Algeria insanguinata dalla guerra civile, nella quale, in sette anni, morirono centocinquantamila persone.

Gli ex combattenti della guerra di liberazione si erano impossessati della rivoluzione vinta contro la Francia colonialista. Avevano creato una casta di privilegiati e trasformato l’Algeria in un bottino di guerra. I fondamentalisti, a loro volta, si erano impossessati dell’Islam e consideravano tutti coloro che la pensavano diversamente come miscredenti da combattere … autoinvestitesi di una missione salvifica, tentavano di instaurare una teocrazia talebana nel Mediterraneo” I militari con il pretesto poi di “salvare la democrazia” facevano i propri interessi personali e così trionfava la corruzione, il nepotismo, la concentrazione della ricchezza nelle mani di poche persone. E l’Algeria, paese ricco, restava paese di poveri

Il giovane Amara, iscritto alla facoltà di filosofia di Algeri, si deve allora confrontare con una realtà , in cui è in crisi la religione, la politica e in cui un codice di famiglia penalizza la donna: “Da questo confronto nacque un romanzo che queste crisi racconta”. Ma pubblicarlo in quel decennio nero della storia d’Algeria era impossibile, si poteva rischiare la vita, come era già accaduto al più importante scrittore algerino Tahar Djant e ad altri intellettuali.

Amara, scelta la via dell’esilio, porta con sé il manoscritto in arabo e a Roma nel 1999 lo pubblica, con il titolo Le cimici e il pirata in edizione bilingue araba e italiana,  in mille copie, che però non ebbero distribuzione . L’edizione di e/o del 2011 in italiano e con qualche ritocco è, dunque,la prima vera pubblicazione con un nuovo titolo Un pirata piccolo piccolo.

La nuova edizione ha una sua chiara motivazione nell’attuale situazione politica degli stati africani che si affacciano sul Mediterraneo, perché il protagonista del romanzo, Hassinu, è il fratello anziano dei rivoluzionari, che si ribellano alle dittature e affollano, oggi, le piazze in Tunisia o in Egitto, rivendicando pane, libertà, dignità. La differenza è che i rivoluzionari di allora erano senza Internet o Facebook o Twitter: Hassinu ha solo la parabola Tv, per accedere al canale francese M6, per vedere soprattutto film porno.

A confronto degli atri due romanzi non è un romanzo polifonico: c’è un solo protagonista e l’uso del flusso di coscienza, intercalato da un fitto dialogo.
La storia si svolge in tre giorni: giovedì 27 febbraio, venerdì 28 febbraio, sabato 29 febbraio, giorno in cui il protagonista compie gli anni, in teoria ogni quattro anni, essendo l’anno bisestile. Hassinu quarantenne è nell’età in cui il profeta Maometto ricevette la Rivelazione, lui, invece, è un impiegatuccio piccolo piccolo che lavora alle poste. Scapolo in una società in cui l’essere celibe è visto come motivo di disordine.

Sofferente di ulcera, individualista, frustrato, trasgressivo, ipocrita, vigliacco, pronto a inveire contro tutto e tutti, persino contro Dio. Soprattutto è sempre più chiuso nella sua solitudine, in tempi in cui la dittatura è sempre più rigida. Si fida solo di Fertas, che non tradisce, a differenza dei suoi amici ed è una specie di alter ego.
Eccolo, dunque, dialogare con Fertas (il calvo), che è il suo membro virile, (tranquilli nulla di pornografico!) che entra in azione ogni giovedì, quando incontra Malika, la giovane bionda che è diventata prostituta, per sfuggire ad un marito imposto, perverso e violento. La tenutaria del bordello è espressione di quelle contraddizioni, che Amara Lakous vuole segnalare attraverso i suoi personaggi: esercita la prostituzione, è pronta a far abortire, ma vuole santificare la sua vita attraverso elemosine, preghiere e soprattutto con il pellegrinaggio alla Mecca.

Hassinu,in particolare, con i suoi riti religiosi ossessivi, svuotati di significato, è espressione dell’ipocrisia dilagante di tanti finti virtuosi, integralisti barbuti: con questo nessuna critica di Lakous all’islam in quanto tale, ma all’uso distorto e ipocrita di esso.

Perché un pirata piccolo piccolo?
Il piccolo piccolo è chiaro per quel suo individualismo qualunquista che lo induce spesso a dissimulare a diffidare. Pirata, invece, banalmente perché vive in un rione popolare, Il Rione dei pirati: soprannome affibbiato dal rione confinante, perché gli abitanti imponevano tangenti ai bambini degli altri quartieri che sconfinavano, o forse semplicemente perché nel quartiere era stata esposta una bandiera di pirati. Hassinu si sente un pirata in un mondo di cimici, anche per una sua identificazione con un antenato pirata barbaresco morto nel 1815.

Con questo personaggio Lakous fa una lucida radiografia di quella società che i giovani della “primavera araba,”rifiutano in nome  di una nuova vera democrazia. Vorrebbe, oggi,  pubblicare in arabo questo libro in un’Algeria diversa da quella in cui è nato e che magari è rimasta fuori dalla ventata rivoluzionaria del 2011 per la paura di ricadere in una sanguinosa guerra civile.

L’arabo, in cui era scritto il testo originario, ha creato difficoltà al traduttore, Francesco Leggio, perché non era arabo classico, ma arabo-algerino con  elementi berberi assorbiti dalla madre di Amara. Una lingua non convenzionale, caratterizzata da diversi registri.

Sono, dal mio punto di vista, decisamente migliori i due romanzi pubblicati prima in Italia, ma anche questo si fa leggere con un certo interesse per la sua freschezza e schiettezza. E’ originale per un romanzo arabo parlare di temi come la religiosità, la politica e la sessualità, usando anche il turpiloquio.
E poi,come lo stesso Lakous riconosce, perché può aiutare alla comprensione di quel mondo che i rivoluzionari di oggi rifiutano.

Lo scrittore algerino ha già in cantiere un nuovo romanzo, ambientato a Torino negli anni 50-60, sempre anni di migrazione e potrebbe essere pubblicato nel 2012.