(...) Come sempre, la sensibilità storica di Énard e la sua capacità di recuperare fatti dimenticati, metterli in connessione e dar loro un senso nuovo, è uno dei motori della narrazione, almeno nella parte dedicata a Heudeber, che sceglie di restare fedele alla Repubblica democratica tedesca e all'ideale comunista fino alla fine e a ogni costo, nonostante l'insurrezione di Budapest, la primavera di Praga, la fine della Ddr stessa o, ancora, la disintegrazione della Jugoslavia. Ma la prima cosa che salta all'occhio del lettore affezionato di Énard quando apre questo nuovo romanzo è un rinnovato afflato lirico, che si manifesta in particolare nella storia del soldato disertore: ora, Mathias Énard è sempre stato uno scrittore dallo stile sopraffino, ma tale stile era in genere al servizio di vicende umane (non di rado tutte interiori) e contesti urbani (storici o meno). In Disertare l'autore pone invece il massimo della propria attenzione all'ambiente naturale che il disertore è costretto ad attraversare - ed è una natura sì splendida e descritta con ispirato lirismo, ma anche aspra, sporca e ingrata - quasi in una precognizione del mondo a venire, quel mondo senza più umani che solo qualche decennio fa sembrava impensabile, mentre oggi, in epoca di crisi multiple, da quella bellica a quella ambientale, da quella economica a quella delle democrazie liberali, pare solo questione di tempo.
Disertare è dunque impostato come una rigorosa giustapposizione di due vicende a cui corrisponde una serie di opposizioni tematiche: tra natura e scienza, tra storia e attualità, tra fatti realmente accaduti e fatti immaginati, tra diserzione e fedeltà, tra la forza dei numeri e quella della poesia, tra l'Europa sanguinante del passato recente e quella di nuovo potenzialmente ferita dell'immeditato futuro, e il gioco è condotto con maestria: non è mai facile fare romanzo a partire da due storie distinte (e destinate a restare tali), ma Énard ci riesce, imbastendo un sapiente sistema di echi e riflessi. Piuttosto, si potrebbe contestare a Disertare un certo «addolcimento» rispetto all'Énard che conoscevamo: se la ferocia di Zona , tanto spiccata da risultare quasi compiaciuta, appare lontanissima, non si sente neanche la straziante malinconia di Bussola o il sarcasmo del Banchetto annuale della confraternita dei becchini , precedente romanzo enardiano pubblicato da e/o.
Se aggiungiamo il fatto che l'autore dà il suo meglio in condizioni «di fluvialità» qui impossibili - 224 pagine il volume, 209 quelle effettive della storia, che va poi divisa per due - si potrebbe affermare di esser di fronte a un Énard minore. Ma un Énard minore resta comunque maggiore rispetto alla stragrande maggioranza di ciò che esce ogni giorno in libreria, e Disertare ci regala infatti pagine di grandissima prosa, un tris di scintillanti figure femminili (più un asino memorabile, che potrebbe esser discendente diretto dell'asinello della Natività e non a caso si è guadagnato la copertina) e molte riflessioni non banali sulla matematica come chiave di lettura del mondo - politica inclusa.
E non si creda che, essendo questione di numeri, sia una chiave atta a leggerlo per raffreddarlo: nella visione di Énard (e del suo Heudeber) è quella per rendergli l'umanità perduta.