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Il neo-modernismo di Mathias Énard

Autore: Pierluigi Pellini
Testata: Il Manifesto
Data: 16 marzo 2025
URL: https://ilmanifesto.it/mathias-enard-un-neo-modernista

Alla storia di un immaginario matematico tedesco, militante comunista, l’autore sovrappose, dopo la ripresa della guerra in Europa, la vicenda di un soldato in fuga: «Disertare» da e/o

In un saggio uscito di recente è stata coniata la categoria di «romanzo neomodernista»: l’autore, Tiziano Toracca, la riferiva alla narrativa italiana, ma ancora più pertinente sembra per inquadrare i due scrittori francesi più significativi fra quelli nati intorno al 1970: Laurent Mauvignier e Mathias Énard. Entrambi rifiutano l’alternativa secca fra sperimentalismo epigonico e romanzo ben fatto, fra gioco metaletterario e nuovi (sedicenti) realismi; creano personaggi memorabili, raccontano vicende brucianti, affrontano i dilemmi della Storia e della cronaca, ma senza rinnegare del tutto l’eredità formalista (il nouveau roman, l’Oulipo). Per questo riprendono consapevolmente le tecniche narrative elaborate dal romanzo modernista, da Faulkner ancor più che da Joyce: la molteplicità dei punti di vista e delle voci narranti, la pluralità degli stili, la fitta trama intertestuale.

Ricorrendo al montaggio, una tra le tecniche del grande romanzo di primo Novecento, cara ai formalisti russi, l’ultimo libro di Mathias Énard, Disertare (uscito in Francia nel 2023 e ora tradotto da Yasmina Melaouah, edizioni e/o, pp. 224, € 18,50) intreccia due storie diverse. L’intenzione originaria dell’autore – a suo stesso dire – era di raccontare la vicenda di un immaginario matematico tedesco, Paul Heudeber, erede della grande scuola di Gottinga e militante comunista. La sua vicenda biografica ricalca, negli anni della Seconda guerra mondiale, quella di Jean Améry (profugo e partigiano in Belgio, arrestato e torturato dalla Gestapo, a lungo imprigionato a Buchenwald), per poi irrigidirsi in una indefettibile fedeltà alla Ddr, dove vive onorato dal regime per i suoi meriti scientifici e tollerato nonostante il suo disincantato pessimismo sulle sorti del socialismo reale.

Di lui racconta la figlia, Irina, cresciuta a cavallo del Muro, perché la compagna del padre, Maja, dopo anni di clandestinità resistenziale, aveva scelto la Repubblica Federale, e lì aveva sposato l’impegno femminista e aveva fatto una brillante carriera politica nella Spd. Senza riuscire a far luce (come è giusto che sia) sull’interiorità di un genio, matematico e letterario, che sembra aver disertato la Storia per rifugiarsi, con convinzione decrescente, nel mondo alternativo dei numeri, il racconto retrospettivo accumula lettere, soprattutto di Paul a Maja, documenti d’archivio fittizi, testimonianze di allievi e colleghi, avendo per principale cornice un convegno in memoria del grande matematico, dove Énard sfoggia inflessioni da academic fiction, che introducono un’ulteriore sfumatura tonale nella polifonia del libro.

La riunificazione, delle due Germanie e della coppia di Paul e Maja, ormai attempata, sancisce la dissoluzione di ogni fede illusoria, nella politica e nella scienza come nell’amore: a metà anni Novanta, Paul parte per la Catalogna e con ogni probabilità si suicida.

Poiché nel 2022 è di nuovo esploso in Europa l’eco delle armi – sostiene Énard – la storia di Heudeber non bastava più a sé stessa: ed è perciò che nel libro ha intercalato alla vicenda principale la storia di un anonimo disertore, in fuga dalla guerra che infuria su un paesaggio mediterraneo devastato, in un momento imprecisato del Secolo breve, di cui sembra riassumere tutti gli orrori. L’uomo appartiene a una milizia vittoriosa, ha ucciso, torturato, stuprato. E a un certo punto si è detto: basta così. Nella fuga verso nord, verso la «Roche Noire» (ma il toponimo andava tradotto, non essendo verosimilmente localizzata, questa Roccia Nera, in territorio francofono), incontra una donna rasata, appartenente (si intuisce) al gruppo etnico, o sociale, un tempo dominante e ora sconfitto: umiliata e stuprata dalle squadracce nemiche, ha preso anche lei la via delle montagne. La razionalità brutale del conflitto imporrebbe a entrambi di sbarazzarsi con un colpo di fucile della reciproca nonché scomoda compagnia; entrambi sono sul punto di farlo; invece, proseguono la fuga insieme senza mai scambiare nemmeno una parola. E l’uomo cura e difende la donna ferita. (...)