Abel Quentin è un avvocato quarantenne francese che ha esordito nella narrativa nel 2019 con «Soeur», cui ha fatto seguito nel 2021 «Le voyant d'Étampes», pubblicato in Italia con il titolo «Il veggente d'Étampes» (e/o, pagine 365, euro 19). Il romanzo si inserisce in quella perturbante linea narrativa del 900 francese che va da Céline a Houellebecq: il protagonista, tale Jean Roscoff, ha infatti tratti in comune (alcolismo e scacco esistenziale) con i personaggi della «Trilogia del Nord» di Céline e con il protagonista di «Sérotonine» di Houellebecq. Ma mentre nei romanzi di Céline e Houellebecq i narratori sembrano in qualche modo fusi con i loro autori, nel caso di Quentin abbiamo a che fare con un brillante e realizzato avvocato, ovvero con un autore che inevitabilmente segna una propria distanza dal narratore. Roscoff è un professore universitario da poco in pensione, divorziato e alcolista, che cerca di rimotivare la propria vita pubblicando la biografia di un poeta americano sconosciuto, tale Robert Willow, fuggito all'America maccartista e ritiratosi a vivere a Étampes, piccola cittadina di provincia. Sarebbe materiale da narrazione sentimentale, non fosse che Roscoff commette l'errore di non rimarcare che Willow è un afroamericano nero, cosa imperdonabile per i gendarmi della cultura woke che per questo fanno di Roscoff il loro nemico pubblico, ingiuriandolo sui media. Un implicito pamphlet contro la voga del politicamente corretto che limita l'ambito della finzione letteraria. Le qualità del romanzo sono comunque altrove, nel calibrato capovolgimento di scene, nell'approfondimento anche ironico della psicologia di Roscoff, un antieroe patetico che suscita più di una volta il riso, e nel ritratto vivido della figlia Léonie, fidanzata con Jeanne, un'aggressiva woke che ovviamente lo detesta. Già, perché Roscoff, che pure era stato attivista per SOS Racisme, ha commesso l'errore di non aggiornare i suoi parametri culturali per i quali il colore della pelle è irrilevante, dunque proiettando la propria ideologia borghese di bianco privilegiato su tutta l'umanità, a prescindere dalle proprie origini. È in questo punto che il romanzo rivela il suo potenziale corrosivo, nell'implicita denuncia della rigidità ideologica e antilibertaria dei woke. Ma è solo potenziale: a differenza di Céline e Houellebecq, Quentin si mantiene, a ben vedere, su un piano di distaccata analisi, e questo finisce per privare il romanzo di forza.