In un Ottocento scialbo come la pioggia, in cui il popolo mangia per nutrirsi, senza stare a pensare al gusto, alla presentazione o al profumo degli alimenti, Edmond ha appena prodotto una nuova spezia (...) A dodici anni, apporta al mondo un aroma dimenticato dal Cinquecento, la vaniglia». Il frutto più raro è il secondo romanzo di Gaëlle Bélem, scrittrice francese originaria dell'isola della Riunione. Ambientato in questo lembo di terra dell'Oceano Indiano, un tempo colonia e oggi dipartimento francese, Il frutto più raro racconta la storia di Edmond, un giovane schiavo che nel 1841, appena dodicenne, scoprì il segreto dell'impollinazione della vaniglia. Rimasto orfano alla nascita, Edmond viene accolto nella tenuta di Ferréol Bellier-Beaumont, un botanico originario della Borgogna che, dopo la morte della moglie, vive ritirato dal mondo in «un'atmosfera pesante come il piombo». Tra i due si crea un rapporto complesso, quasi filiale, ma sempre segnato dall'incolmabile distanza tra padrone e schiavo. Edmond cresce tra i fiori e le piante, osservando Ferréol e assorbendo ogni sua parola. Non sa né leggere né scrivere, ma impara subito a ragionare come un botanico. E come quei geni che un giorno, pur senza aver mai studiato, riescono a risolvere problemi fino ad allora insolubili, giunge a inseminare manualmente i fiori della vaniglia, aprendo così la strada alla sua coltivazione su larga scala. Ma la sua non è una fiaba. Edmond resta imprigionato nella rete del razzismo e della diseguaglianza, che lo condannano all'invisibilità. Neppure l'abolizione della schiavitù nel 1848 riesce a emanciparlo dalla condizione servile: privato di ogni riconoscimento, vive un'esistenza ai margini, passando dalla prigione al lavoro di cuoco, fino a diventare un anonimo coltivatore di un minuscolo appezzamento di terra. Intanto, la vaniglia diventa un bene prezioso, arricchendo mercanti e imprenditori di tutto il mondo. I baccelli iniziano a vendersi, comprarsi e consumarsi ovunque, ma nessuno sa che è stato uno schiavo di dodici anni a scoprirne il segreto. (...) Utilizzando documenti locali, testimonianze scritte e lettere, Gaëlle Bélen riesce a intersecare abilmente la storia individuale e quella collettiva. Mescolando i toni e dosando il rapporto tra fatti storici e invenzione, restituisce voce a chi, come Edmond, ha trasformato il mondo pur restando invisibile: «C'era una volta un giovane schiavo orfano che aveva scoperto come trasformare i fiori di vaniglia in baccelli al termine di un inverno che non sarebbe finito più. Aveva fatto conoscere al mondo l'aroma della vaniglia, poi era morto nell'indigenza più totale». Con Il frutto più raro , Gaëlle Bélen ci regala così una storia necessaria, che non solo celebra Edmond Albius e il suo contributo dimenticato, ma ci invita anche a riflettere sul peso delle ingiustizie storiche e sulle eredità che ancora oggi ci appartengono.