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Falsi addii, inizi mancati, e approdi sociali da trovare

Autore: Silvia Albertazzi
Testata: Il Manifesto
Data: 26 gennaio 2025

Per definire il senso di spaesamento che caratterizza la letteratura bianca post-apartheid, la critica sudafricana usa un termine afrikaans, ringtingbefok , che significa, all'incirca, «disorientato al punto da aver perso ogni senso di direzione». Se questa è la situazione con la quale si possono identificare personaggi come il protagonista di Vergogna di Coetzee, o i tanti perdenti di Damon Galgut, dall'anonimo fuggiasco di La preda all'«impostore» e al «buon dottore» di altri suoi libri, la condizione di smarrimento, esasperata dall'incapacità di dare un senso alla propria esistenza e infrangere la prigionia della propria solitudine sostanzia la narrativa di S. J. Naudé, autore nativo di Pretoria, di cui è appena uscito il lavoro più recente, Padri e fuggitivi (traduzione di Silvia Montis, e/o, € 18,50). Pellegrinaggio inatteso Suddiviso in cinque sezioni - di cui le prime quattro potrebbero essere lette come novelle a sé stanti - il romanzo ruota intorno alla figura di Daniel, uno scrittore gay sudafricano trasferitosi a Londra che, nel corso degli eventi, si sposta in Germania e a Belgrado, al seguito di una losca coppia di serbi, per poi tornare a Cape Town ad assistere il padre moribondo e di lì, per ottemperare a una clausola che lo riguarda nel testamento del ricco genitore, finisce nel Free State sudafricano; Giappone e Inghilterra sono ulteriori tappe del suo pellegrinaggio esistenziale, che potrebbe intitolarsi No Direction Home , riprendendo, come Martin Scorsese per il suo documentario su Bob Dylan, un famoso verso di Like a Rolling Stone . Daniel è uno sradicato, indotto dalla sua solitudine a lasciarsi abbindolare dai due serbi, che finisce per ospitare a casa sua, diventandone amante e succube, per poi seguirli nei luoghi più impensabili, pur di avere compagnia. (...)