«Questa strada è un mondo a parte - scrive Emiliano Sbaraglia - La mattina, quando sali in macchina, sai cosa ti aspetta. O forse no». L eggere Dante a Tor Bella Monaca , in arrivo per E\O nelle librerie da giovedì prossimo, è il resoconto straordinario di dieci anni di insegnamento in una scuola media. Un istituto difficile da gestire, in una delle periferie romane più complicate. «C'è voluto tempo, tanto sforzo, ma è così: "Dante è mejo de Totti"». Alla fine il padre della lingua italiana si fa strada nel cuore dei ragazzi, che spesso hanno genitori che entrano ed escono dal carcere, e che in classe interrompono continuamente le lezioni, quando va bene».
Temerario? «Era una scuola in grosse difficoltà, nessuno voleva andarci. Ma io mi ero un po' legato a loro, dopo quell'esperienza». E ha usato Dante per conquistarli. Che effetto fa sugli studenti? «Non è detto che Dante funzioni sempre. È stato un tentativo. Per fare didattica devi anche provare a inventarti delle cose, perché ci sono tanti problemi da affrontare. L'idea è nata per caso, e ho visto che funzionava. Poi ci sono stati anche dei colpi di fortuna. Il fatto di avere in classe una studentessa nera che si chiamava Beatrice mi ha facilitato il compito». E li ha conquistati anche con il rap, vero? «Diciamo che la metrica del rap può somigliare a quella dell'ottava dell'Ariosto. Ci sono molti rapper che usano questo meccanismo inconsapevolmente. Se stai in una scuola particolare devi inventarti qualcosa di questo tipo, lo devi fare sempre. Totti e Dante funzionano, ma devi procedere per tentativi». (...)