«Sicuramente le leggi e le condanne contro l'omosessualità sono più presenti nelle zone africane ex-inglesi in quanto la Gran Bretagna fino al 1967 prevedeva questo reato, ma anche la radicalizzazione islamica, attiva ormai in molti stati, ha avuto la sua parte. Aggiungiamo che anche le varie chiese cristiane in Africa hanno comportamenti ostili nei confronti della omosessualità. Ma il grido dolente di Ndéné non passa solo per la cultura e la storia: lui mette in discussione se stesso, la sua interiorità più profonda, la sua religiosità discutibile, le sue certezze sessuali di macho africano: i sospetti su di lui che la sua difesa degli omosessuali ha provocato se li assume fino all'estremo. “Diventerò un finocchio che potranno sia temere con repulsione viscerale che desiderare con una oscura pulsione omicida”. E li odierà quanto loro odieranno lui. “Sono un gòor-jigéen? sì...no...Importa poco, le voci hanno detto, deciso e decretato di sì. Quindi lo sarò. Devo esserlo... Tutti sono pronti a uccidere per essere apostoli del Bene. Io sono pronto a morire per essere l'unica figura ancora possibile del Male”.
Difendere questa libertà è difendere l'umanità dell'uomo, un miscuglio di slanci generosi e di oscuri impulsi. La violenza e l'amore sono parte del nostro essere uomini, bisogna guardarli in faccia senza ipocrisie.
La sua scrittura, a tratti nervosa e concitata, trasgressiva, mescola la narrazione con l'essai, con riflessioni pacate messe in bocca a personaggi nei dialoghi, raggiungendo effetti di un raffinato pamphlet, come avverrà anche nei romanzi successivi.»