Ha fatto molto bene questo editore a ripubblicare i due interventi che Giacomo Matteotti tenne alla Camera dei deputati il 31 gennaio 1921 e il 30 maggio 1924 (il suo ultimo, perché dopo fu ammazzato). Ha fatto bene perché in essi si trovano elementi preziosi che giustificano la rilettura e, crediamo per molti, la prima lettura. Si tratta di un libricino che sta bene in tasca, si può portarlo ovunque e trovare il tempo di leggerne anche una pagina alla volta. Che ogni pagina contiene un universo. Poche pagine impreziosite dall'essere precedute da un articolo di Piero Gobetti - anche lui poi ucciso dai fascisti - che contiene una considerazione acuta: Matteotti non era un oppositore molto noto, se non nel Polesine e fra i suoi estimatori; era un parlamentare scrupoloso e documentato, per ciò stesso conosciuto da una cerchia ristretta, il che comporta che il suo assassinio sia stato una scelta del vertice fascista, giacche un'azione criminale incontrollata si sarebbe rivolta verso altri bersagli.
(...) Il libro riporta quel che avvenne in Aula, con una obiezione che è consueta e ricorrente nelle dittature che cancellano le democrazie: voi non volete riconoscere che siamo la maggioranza. Tesi decisiva, perché al di là di brogli e violenze una democrazia non è una dittatura della maggioranza ma il luogo ove si riconosce, rispetta e tutela il ruolo delle minoranze. E di Matteotti provarono a nascondere anche il cadavere.