«C’è la solita verve di Bussi in questo romanzo. Quel misto di azione incessante e rocambolesca, di dialoghi serrati, di continui colpi di scena che caratterizzano da sempre lo stile dello scrittore. C’è anche una tecnica che alterna il pensiero esplicitato della protagonista (talvolta anche dei personaggi secondari) ai dialoghi “in presa diretta”, come se Bussi volesse instaurare un dialogo con il suo lettore. Molto efficace questo meccanismo che ci permette di entrare nei pensieri di Folette, aumentando l’immedesimazione di chi legge.
“Ophélie si vendica” è un libro sul dolore dell’infanzia abbandonata, sulla difficoltà di crescere in condizioni, non solo disagiate, ma dentro famiglie squassate da povertà, alcol, droga, marginalità. Sorano, simbolo delle costruzioni che volevano essere avveniristiche negli anni Settanta e che hanno finito per diventare monumenti alla miseria (analogamente ai nostri Corviale, Zen, Scampia), è il rifugio degli ultimi, dei derelitti. Che però, nella loro quasi impossibilità di sopravvivere, conservano la loro profonda dignità, il loro coraggio, la loro voglia di farcela. Abbandonata da tutti, anche dai servizi sociali che sono anzi divenuti il rifugio dei più spietati carrieristi, Folette trova in sé stessa la forza di andare avanti, di continuare la sua tenace battaglia, perché dentro ogni essere umano, per debole che sia, c’è la forza che serve al riscatto».