Ispirata dalle proteste democratiche del 2014 e del 2019, Dorothy Tse narra l'amore tra un professore e il pezzo più pregiato della sua segreta collezione di bambole. E la normalizzazione imposta dalla «Ksina» alla città di «Never» non è che una metafora politica trasparentissima
In una città chiamata Never ( mai , in inglese), sulla costa della «Ksina» meridionale, vive un professore di lettere chiamato Q. Il suo matrimonio è, se non in crisi, in stallo, e anche la carriera non pare destinata ad andare lontano. Inoltre, pure il contesto generale sta progressivamente peggiorando, dato che la sua città è tornata da dieci anni nelle mani dei padroni originari, e la restaurazione non sta portando niente di buono. La sua unica, e di per sé malinconica consolazione, è una collezione di bambole che tiene nel suo studio, nascosta anche alla moglie: non si limita a collezionarle ma le veste, le cambia e ci gioca. Anzi, a volte svita loro la testa, le riempie di whisky e beve dal loro corpo, divertendosi a leccare ogni angolino... Al di là dei feticismi del professore, e di alcuni tuffi nel suo passato con la moglie, gli eventi cominciano a muoversi quando alla collezione si aggiunge Eilis, una ballerina meccanica, di quelle che si usavano per i carillon.
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