I libri di Stephanie LaCava sono stati definiti in tanti i modi: “sad girl books”, libri sulle ragazze tristi, “feel-bad books”, libri che ti fanno stare male, libri sulle ragazze dissociate (sull'onda di Ottessa Moshfegh), sui Nepobaby. Secondo l'autrice, invece, i suoi libri non fanno che partire dai racconti di ragazze giovani per indagare i modi in cui queste vengono trasformate in fenomeni dell'industria culturale. Il suo ultimo romanzo, Ho paura che ti interessi il mio dolore (Edizioni e/o) non è un semplice “sad girl book” che descrive e feticizza il dolore di una giovane ragazza brillante e illuminata come si potrebbe evincere dal titolo, ma vuole sviscerare il motivo per cui noi pensiamo che sia brillante e illuminata. Come mai, come scriveva Susan Sontag, crediamo che la tristezza ci renda delle persone interessanti, raffinate e sensibili? Perché continuiamo a rivolgerci alle poesie deprimenti di Sylvia Plath, a guardare ossessivamente Il giardino delle vergini suicide e ad affidarci alle parole di giovani scrittrici che sanno essere molto verbose sulla propria mestizia? Per quale motivo, esattamente, continuiamo a volerci far del male? (...)