Micha è un ghost writer e vive ormai da decenni negli Stati Uniti. Per questo è sorpreso quando la moglie dello zio, Adela, lo invita a sue spese in Israele, dove è vissuto da ragazzo. La prima parte del romanzo di Savyon Liebrecht si incentra sulla reminiscenza delle circostanze che hanno creato il rapporto particolare fra Micha e Adela in una vita passata che sembra ormai remotissima. Micha era ancora un bambino la prima volta che incontra Adela durante una riunione per lo shabbat con l’intera famiglia allargata. Fratelli, cugini, zii, tutti fortemente legati all’interno di una tradizionalissima famiglia di ebrei persiani. È per la sua origine persiana che anche Adela è lì: la famiglia cerca una sposa per lo Zio Moshe, ormai di mezza età e con una menomazione, e Adela, seppure giovane, è orfana, zoppa e porta occhiali spessi, e potrebbe per questo prendere in considerazione questo matrimonio. È quindi invitata, ma quando arriva, fradicia e intirizzita, viene abbandonata in un angolo, su una poltrona, sola in mezzo a un gruppo di sconosciuti che la ignorano altezzosamente non ritenendola degna. Solo Micha le rivolge una parola gentile, ed è così che inizia il loro inusuale rapporto in mezzo alle beghe di una famiglia ostile e chiusa nelle sue dinamiche. Adela però si rivela inaspettatamente originale e determinata. Rimane però un mistero che è al centro della seconda parte del romanzo e che si svolge nel presente: perché Adela ha invitato Micha dopo tanti anni? (...)