Gamboa e la società dei biografi
Autore: Giovanni Dozzini
Testata: Europa
Data: 1 ottobre 2011
Per scrivere tutte le storie che aveva accumulato negli anni trascorsi dalla pubblicazione del suo ultimo romanzo (Gli impostori, era il 2004) Santiago Gamboa ha deciso di architettare un libro a struttura multipla, infarcito di digressioni, esercizi letterari e abboccamenti di ogni sorta. Non contento, ha pensato di aggiungere un piano narrativo ulteriore, firmando la sua opera con un altro nome, Félix Maldonado, e inviandola al prestigioso e ricco premio La Otra Orilla, riservato ad autori di lingua spagnola. Era il 2009, e quel premio – e con esso i centomila dollari messi in palio – Gamboa- Maldonado l'ha vinto. Nel frattempo il libro ha cambiato titolo, da Adiós, Jerusalén a Necrópolis, e oggi esce finalmente in Italia. Con un titolo ancora diverso, Morte di un biografo (traduzione di Raul Schenardi, 464 pp., 19.50 euro), e un editore che non è lo stesso che fin'ora aveva pubblicato tutte le precedenti opere dello scrittore colombiano: e/o anziché Guanda. Ad aggiungere peculiarità alle peculiarità, il fatto che Gamboa vive ormai da anni a Roma, anche se sarebbe meglio dire che a Roma fa base, considerando la sua indomabile propensione a viaggiare da un capo all'altro del pianeta. Attitudine testimoniata anche da questo romanzo, che almeno da un certo punto di vista sarebbe ambientato più o meno ai giorni nostri in una Gerusalemme sensuale e apocalittica, ma di fatto si irradia verso terre e stagioni remote ed esotiche – la Colombia, Panama, la Polonia, la Svezia, Parigi, Miami, da mezzo secolo in qua. I personaggi principali si incontrano in occasione di un fantomatico Congresso internazionale di Biografi e della Memoria, e lì, in Terra Santa, si cimentano a raccontare tra le bombe le proprie esistenze e quelle di uomini e donne fuori dal comune. C'è un conte di Montecristo colombiano e c'è una pornodiva italiana, e poi un predicatore latinoamericano, e ancora una coppia di scacchisti rifugiatisi in Israele dal gelo dell'Europa centrale e settentrionale. C'è un morto ammazzato o suicidato, e uno scrittore convalescente e dall'ispirazione smarrita che finisce per appassionarsi alla sua vicenda sostenuto da una giornalista islandese disinibita e romantica. Alla fine, la scrittura centrifuga ed elegante di Gamboa sembra come esplodere, per ricadere esattamente nel punto in cui si ritrova ad essere il lettore, pronto a raccoglierla senza troppi sforzi. Un romanzo forte, caleidoscopico, a tratti straniante. Un ottimo libro.