Un'orfana imbranata, dagli occhiali spessi e una leggera zoppia. Sprofondata in una poltrona, sotto esame della spocchiosa famiglia di Misha, allora novenne, che vuole darla in sposa allo zio Moshe, disabile e molto più vecchio di lei. In compenso Adela, la futura moglie, farà da serva a tutta la famiglia, dribblando tra maschi prepotenti e femmine intriganti ma sottomesse. Quando dopo 24 anni, Misha che ormai è cittadino americano e ha quasi del tutto dimenticato gli zii, i cugini e la lingua d'origine, rientra a Tel Aviv, la storia si compone in un altro modo. A Misha, che all'epoca le offrì un pugno di mandorle e ora di lavoro fa il ghostwriter, Adela affida il compito di raccontarla. E una imprevedibile sorpresa. Come stanze che si aprono l'una dentro l'altra, un racconto delicato sulle vite degli altri. Che, anche se dimenticate, collimano con le nostre.