Preparatevi a inorridire, a strabuzzare gli occhi per l’incredulità ma anche a ridacchiare per cose buffe che un giorno, forse, potrebbero essere realtà. E avvisate anche il vostro stomaco, perché sta per essere messo alla prova. Le convenzioni e le abitudini sociali esistono solo per essere distrutte. Sembra dirci questo Sayaka Murata con La cerimonia della vita, dopo che con I terrestri ci ha abituato a mettere tutto in discussione e lo rifà, con dodici racconti che definire surreali è riduttivo.
È difficile descrivere questo libro incastrandolo in parole specifiche, perché per ognuna è valido anche l'esatto contrario, voce di un romanzo che ribalta ogni logica, inclusa quella spazio-temporale. Dai nomi dei personaggi e dei cibi potremmo dire che i racconti siano ambientati in Giappone, forse. Non nel presente ma magari in un futuro ultramoderno, o distopico. E se tutto avvenisse in una realtà parallela, non indicabile su una cartina? Potrebbe essere. Nulla è stabilito, tutto è soggetto a interpretazione personale (del lettore e dei personaggi). (...)
Murata riesce a trattare con la stessa folle e cruda intensità sentimenti e argomenti differenti, cogliendoti sempre impreparato e lasciandoti disturbato, ma anche affascinato, dall'assurdità di un mondo che a suo personalissimo modo riesce a parlarci di tutto. Perché talvolta, guardare le cose a testa in giù può svelare un collage raffazzonato più interessante di quel dipinto piatto dal titolo normalità.