La guerra, la Resistenza, l'orrore nazista visti dalla Maremma, da Le Case anzi, “un niente sperduto nel niente delle croste con l'unico vantaggio di guardare dall'alto la fogna delle paludi”. Una guerra dei poveri “con un circo di animali strani” tra i quali spiccano René, il modesto, solitario ciabattino del paese. E una donna, Anna, alla quale la guerra ha tolto il figlio, cioè tutto, e che per sopravvivere si dà uno scopo. Due amici che potevano essere qualcosa di più. (...)
Perché è questa la sfida che muove la storia e che penetra tagliente nel lettore, insieme col freddo delle nevicate, il profumo di castagne rubate quando anche le briciole sono preziose, il dolore di corpi rattoppati con ago e filo, tra partigiani affamati di giustizia: spezzare il silenzio. Denunciare le complicità. Coltivare l'indignazione come arma deflagrante. “È una pagina del libro dell'Umanità da cui non dovremo mai togliere il segnalibro della memoria”, scandisce una frase sull'Olocausto attribuita a Primo Levi. Naspini ne imprime uno, importante e toccante, su quella strada, Via del seminario, “che la gente continua a percorrere con la leggerezza di chi raccoglie papaveri”.