Sacha Naspini è uno scrittore che ama le sfide. Quella ingaggiata da Villa del seminario, il nuovo romanzo, è raccontare un momento della nostra storia con cui si sono confrontati autori che ne furono diretti testimoni: Pavese, Fenoglio, Vittorini. La Resistenza. Coraggioso, ma è arrivato il momento di saldare i conti con un pezzo di storia silenziosa del borgo maremmano dove ha vissuto parte dell'infanzia. Roccatederighi, ribattezzato Le Case e che è stato palcoscenico di altri romanzi (tra cui Le case del malcontento, decisivo contributo all'affermazione nazionale di Naspini): «A differenza di altri colleghi - dice - non ho un personaggio ma un luogo seriale, con la sua comunità liquida e ambigua. Attraversata da un'omertà che non è quella della mafia, ma affonda le radici nella parte molle della società, incapace di razionalizzare certi fatti storici».
L'edificio del titolo, dunque, esiste davvero e segna un triste primato per la diocesi di Grosseto. L'unica, tra il 1943 e 10944, ad aver dato in affitto un proprio immobile, per mano del vescovo Paolo Galeazzi (e con regolare contratto) al fine di realizzarvi un campo di concentramento, idea del gerarca e prefetto Alceo Ercolani (tra i mandanti della strage di Istia d'Ombrone). Vi furono rinchiusi alcuni ebrei (tra cui bambini e neonati) prima di essere destinati al campo di transito di Fossoli. E poi nelle fucine di sterminio del nord Europa. «Mi sono chiesto: com'è possibile che tutto questo sia avvenuto in un borgo di appena 700 anime, in un contesto drammatico come il 1943, con gli alleati alle porte, le forze partigiane che premevano, i teschi sempre più accaniti, un inverno nemico? E com'è possibile che a quel muro invalicabile eretto intorno alla Villa per tenere ben separati il dentro dal fuori, gli abitanti abbiano opposto un altro muro, di silenzio e oblio, che ha cominciato a sgretolarsi solo nel 2008, quando a Roccatederighi finalmente è stata collocata una lapide in memoria?». (...)