Gubbio, giugno 1944. Goffredo ha sette anni ed è testimone dell’uccisione per rappresaglia di quaranta persone - tra le quali alcuni ragazzi sotto i vent’anni - da parte dei tedeschi in ritirata. Sono i primi, questi, tra i “cari agli dei” che Fofi ha perduto nella sua lunga vita. Poi c’è Ezio, un ragazzino morto a seguito di un incidente occorsogli mentre, con alcuni amici tra cui l’autore, rubava i frutti di un bell’albero: una grande tentazione per i bambini dei primissimi anni del dopoguerra. E poi morti per mano della mafia, come Placido Rizzotto e Turiddu Carnevale. E Rocco Scotellaro, poeta, sociologo e socialista stroncato da un infarto a soli trent’anni. Illuminanti e pervasi di profondo affetto sono i ritratti di Raniero Panzieri, Dario Lanzardo e Vittorio Rieser del gruppo torinese dei “Quaderni rossi” di cui Fofi fece parte. Incontriamo poi Michèle, parigina, “vivace e generosa figlia di un povero sarto ebreo di origine orientale che viveva e lavorava in una soffitta sopra la Gare St. Lazare”; grazie a lei Fofi poté conoscere Francis Jeanson, filosofo e sostenitore del Fronte di Liberazione Algerino condannato in contumacia per alto tradimento. Della Milano della strage alla Banca dell’Agricoltura, Fofi, che in quell’anno viveva nel capoluogo lombardo, ricorda Giuseppe Pinelli; mentre di Napoli la memoria della Mensa dei Bambini Proletari si intreccia con quello di Sergio, ex carcerato in cerca di aiuto. Negli anni di piombo a Milano sono assassinati, giovanissimi, anche Fausto e Iaio, a Reggio Emilia viene ucciso Alceste; tutti per mano fascista. Nei ventisette capitoli del libro rivivono molte altre persone, si pronunciano molti altri nomi, tra i quali quelli di Peppino Impastato, Marco Lombardo Radice, Maurizio Flores d’Arcais, Fabrizia Ramondino, Mariateresa Di Lascia…
Questo libro - costituito da una serie di biografie che, tutte insieme, formano anche un’autobiografia dell’autore - racconta le storie di persone indimenticabili per Fofi e significative per tutti noi e per la storia dell’Italia contemporanea, dal secondo dopoguerra a oggi. Ma racconta anche di gruppi, Lotta Continua in particolare, di riviste come “Quaderni piacentini”, “Ombre rosse”, “Quaderni Rossi”. Racconta di libri ed editori, di luoghi diversi vissuti a fondo (la Sicilia, Torino, Parigi, Milano, Napoli, Roma). Cari agli dei è dedicato alla memoria di Aldo Capitini e al suo saggio La compresenza dei morti e dei viventi, di cui Fofi abbraccia la tesi: “I morti sono presenti, sono tra noi, e dovremmo tenerne ben conto noi vivi, angosciati dal dover muoverci dentro un presente preoccupante e avvilente”. Le persone delle quali qui si parla sono degne di essere ricordate sia perché sono vittime innocenti, sia perché sono portatrici di ideali di giustizia e di riscatto nei confronti dei più poveri e umili, degli ultimi, contadini, pastori od operai che siano. Il ricordo testimonia che ognuna delle loro vite non è stata vissuta invano e la fa respirare di nuovo sulla pagina con le sue peculiarità e i suoi valori. Insieme alle storie personali rivive anche un’Italia ormai trascorsa, ma il cui patrimonio ideale, politico, letterario, sociale non può essere dimenticato.