«Pensa a vivere la tua vita. Trovati un uomo, un uomo qualunque, e sposalo, fai figli. Sono la cosa più importante. Per essere felice e dare un senso alla tua vita. I figli sono la gioia della vita di una donna. Non gli uomini. Non il matrimonio. Non i soldi. I figli!». Così esorta la madre di una delle due protagoniste di Due vite, due donne, opera prima della nigeriana Cheluchi Onyemelukwe Onuobia (traduzione di Elisa Banfi, edizioni e/o, pp. 285, euro 19,00), echeggiando la voce di una società, un paese e un intero continente che, nonostante la rapida sferzata verso la modernità, conferisce ancora un valore supremo e insostituibile alla maternità.
(...) NON SOLO DI DUE DONNE e di due vite narra dunque il romanzo, ma di quelle di tutte le donne del continente, ancora contese tra tradizione e modernità, tra desiderio di autoaffermazione e obbligo sociale di compiacere la comunità. In bilico tra pregiudizi e aspettative dure a morire da un lato, aspirazioni individuali dall’altro.
Impegnate in lotte quotidiane portate avanti spesso con il sostegno di altre donne e «sorelle» di sventura, queste eroine senza clamore danno fondo alle loro insite doti di resilienza, fisica e psicologica, fino a ricorrere, se necessario, ad una salvifica astuzia tutta femminile, perché, a detta di Nwabulu «chi scappa davanti a una pecora, scapperà anche davanti al leone».