Le donne arrabbiate hanno da sempre un posto molto speciale nel folklore giapponese: sia da vive sia da morte il loro spirito resta indomito e continua a perseguitare gli uomini per vendetta, per riparare torti o per portare a termine lavori incompiuti. Questa tradizione fantastica delle storie di fantasmi è fatta propria da Matsuda Aoko che confeziona una raccolta classica per un pubblico contemporaneo: Nel paese delle donne selvagge (traduzione di Gianluca Coci, e/o, pp. 236, euro 17).
IN QUESTO PARTICOLARE universo, le protagoniste umane o sotto forma di fantasmi – e dunque più vive che mai – si danno appuntamento in un’azienda molto speciale diretta dal signor Tei. Qualcuna di loro lavora là dentro con mansioni segretissime, qualcuna ne è cliente, come quella che incautamente utilizza il particolare incenso prodotto dal signor Tei, in grado di richiamare i morti col suo profumo. Fatalità vuole che incappi nel più tipico difetto di fabbrica, un fattaccio increscioso che porterà conseguenze gravi, ovvero la temutissima recensione negativa online.
MA NON È L’INCENSO che fa tornare a casa la defunta zia di una delle protagoniste: la nipote infatti ha dimenticato di depilarsi il giorno in cui è stata lasciata dal ragazzo e da quel momento non abbandona più l’estetista. Sarà la cara zietta fantasma a convincerla che sono i peli a racchiudere la forza di una donna, il suo potere segreto e primitivo. Lo stesso potere che paiono dispiegare, nel loro regno quasi tutto al femminile, le ragazze della squadra Sarashina, il team aziendale più eccentrico e infallibile a disposizione del signor Tei. Sembra ci provino gusto a fare le eroine e a salvare sempre la situazione perché, come dicono loro stesse, «adoriamo mostrare alla gente ciò di cui siamo capaci».
MARITI, FIDANZATI, compagni di scuola, persino il maestro dell’asilo, tutti se la vedono brutta contro queste donne furiose e, a volte, folli di gelosia. La Storia di Genji è la loro Bibbia e come la dama Rokujo, che era in grado di lasciare il proprio corpo e tormentare le donne di cui Genji si invaghiva, la loro vendetta si abbatte sugli altri tormentandoli fino alla follia.
Tale potenza distruttrice è ciò che la ditta vuole, la tenacia di restare attaccate al mondo terreno anche dopo la morte; qualità che, con buona pace del signor Tei, scarseggia decretando una penuria di personale fantasma.
Questa strana ditta che si occupa di sortilegi e servizi alla persona è il posto in cui donne arrabbiate e selvagge decidono da sé la propria direzione e il controllo sulla loro esistenza. Matsuda ridisegna radicalmente la tradizione letteraria della cultura popolare giapponese, e nei suoi racconti le donne non sono più soltanto vittime, gli oggetti del desiderio, ma diventano i soggetti desideranti. Che siano vive o morte, mostri o infallibili eroine, queste donne e lavoratrici sono finalmente al centro della scena. Nel bene e nel male, quello che conta è ciò che le «donne selvagge» hanno da dire.