La prima cosa che insegna ai suoi studenti di scrittura creativa è la meditazione: «Per me la scrittura è un'attività sensuale, che svolgiamo cioè con tutti i sensi, e meditare mi ha aiutata moltissimo ad aprirmi e sentire il mondo». Ruth Ozeki ha 68 anni: dopo le prime esperienze come regista di film horror («all'inizio non mi piaceva nemmeno come genere, ho imparato ad apprezzarlo col tempo»), ha iniziato a scrivere e, pochi mesi fa, un suo romanzo, Il libro della forma e del vuoto , ha vinto il prestigioso Women's Prize for fiction. Da circa dodici anni è anche monaca zen. Ha raccontato la cerimonia della rasatura dei capelli (assieme ad altri episodi personali) in Storia della mia faccia, un piccolo libro autobiografico che ruota attorno al resoconto di un esperimento molto particolare: guardare il proprio viso allo specchio per tre ore, e annotare tutti i vari pensieri che scaturiscono nel frattempo. Scrivere è guardarsi allo specchio. È questa l'idea di fondo del suo libro? «Quando ci si siede a scrivere qualcosa, anche un fantasy, in realtà è come se ci si fosse seduti a guardare se stessi nello specchio che è la pagina. Scrivere, però, non è limitarsi a dare un'occhiatadisfuggita,maun'esplorazione archeologica di sé, del profondo. Tutti indossiamo molte facce, maschere che cambiamo nelle diverse occasioni, ma io sono convinta che, quando scriviamo, stiamo cercando di scrostare via quegli strati per vedere cosa c'è sotto». (...)