«Caterina Venturini/Carla Longhi condensa così bene che si continua a leggerla e non si vorrebbe smettere, e si vorrebbe abbracciarla, dirle di smettere, se solo fosse possibile, di vedersi così distorta, di smettere di pensare che tutto dipenda da lei, sempre, in un afflato di sorellanza che travalica le pagine e diventa autentico slancio vitalistico. Segno che esiste una scrittura di sé che non è memoir, non è autobiografia, non è diario (il libro è scritto in terza persona, per scivolare a volte insensibilmente nella prima) ma un universale filare giù a profondità siderali, nei nostri abissi, senza respirare, come sub in apnea, per poi tornare a galla e risputare fuori all’improvviso l’acqua che era rimasta di traverso».