«Tu le devi fornire una personalità. È molto semplice. Lei funziona così, è un contenitore vuoto». Questo si sente dare come indicazione Maia, quando accetta di diventare la image consultant di Gloria Linares, giovanissima influencer o – meglio, più corretto – content creator. La protagonista de Il profilo dell’altra, esordio di Irene Graziosi uscito per E/O, ha ventisei anni, ha smesso gli studi alla Sorbona dopo un lutto in famiglia che l’ha sconvolta profondamente, benché si ostini a giurare il contrario, e accetta questo posto solo perché è il primo lavoro vero che le capita. Pensa che Gloria sia «una scema famosa», e neppure particolarmente bella, o intelligente, o luccicante.
Gloria ha diciotto anni, due milioni di follower, ha scritto un libro di poesie che «ha fatto riscoprire la poesia alla web generation»: appare avvolta da una pellicola smaltata, sempre perfettamente in ordine e sorridente in ogni selfie, sempre schierata con la giusta causa («lo sai che non dovresti comprare fast-fashion?»). Quando si incontrano, lei e Maia non potrebbero essere più distanti su una scala di interessi, moralità, prospettive. Questo è l’elemento propulsore dell’esordio di Irene Graziosi: l’incontro tra due ragazze che riescono in qualche modo a costruire un equilibrio tra loro, qualcosa che arriva ad assomigliare a un’amicizia, e che è in grado, se non di cambiare ciascuna delle due, almeno di far sentire a una la presenza dell’altra.
Irene Graziosi è co-fondatrice, insieme a Sofia Viscardi, del progetto Venti, e a Sofia è dedicato il libro. Ma, come ha precisato Irene durante l’incontro che ha tenuto al Salone del Libro, il suo romanzo non è un’autofiction: nasce piuttosto dal desiderio di raccontare un sistema, di riflettere sul culto dell’immagine sui social, senza sbandierare una critica feroce né proporne un’apologia, ma offrendone un’analisi disincantata.