Nuovo caso per il commissario Proteo Laurenti: un agguato mortale con una balestra professionale Per trovare il colpevole di un duplice omicidio deve indagare nel passato, fra nazisti, partigiani, fuggiaschi Ma il protagonista ha un altro cruccio: la figlia vuol sposare un tedesco L'autore vive in città da oltre vent'anni e ambienta lì i suoi polizieschi.
«Ora parliamo di come superare i pregiudizi. Leggendo. E scoprendo che il libro è ambientato a Trieste. Il sistema di autodifesa ora trilla all'impazzata. Trieste no, dai. È una città difficilissima da raccontare. Persino un autore bolognese o torinese sbaglierebbe. Trieste è un mondo complesso, con una cultura raffinatissima e intricata. La amo in modo smodato e non ne ho mai scritto proprio per eccesso di rispetto nei suoi confronti. Ma continuo a leggere, meticoloso. L'ignoranza si supera con la conoscenza, dopotutto. E leggendo, guarda un po', mi accorgo che questo sempre meno sconosciuto scrittore tedesco, questo mio collega di noir, dipana il territorio, l'odonomastica, la topografia della Venezia Giulia con competenza, coerenza, conoscenza. Certo, se solo mi fossi premunito di dare un occhio alla sua pagina di Wikipedia l'avrei dovuto capire da solo. Veit - ormai lo chiamo così, quasi fossimo vecchi conoscenti - vive a Trieste da oltre vent'anni. È la sua città, molto più sua che mia. E cosa racconta Veit, dentro questo scenario speciale? Qual è la storia? Aggià, la storia. Be', lo sapete meglio di me, ormai viviamo nel terrore di spoilerare. Basta una frase di troppo e subito vieni accusato di chissà quale nefandezza. Cosa posso dire della storia? Che il commissario Proteo Laurenti - il personaggio seriale di Veit, amato da milioni di persone e del quale nulla sapevo - sta indagando su un curioso caso di duplice omicidio. Curioso non perché duplice, ma perché commesso con una balestra professionale. E che Livia, sua figlia, vuole sposare Dirk, un tedesco, cosa che Proteo gradisce poco. E tante altre cose, che, detto fra noi, a me hanno sempre interessato poco. Dei gialli io non ricordo mai una trama. Chi se ne frega dei colpi di scena, dell'intreccio, del plot! È lo scenario, il mondo, la società che ne scaturisce che mi interessa. E qui il mio caro amico Veit (ogni lettore ad un certo punto sente una vicinanza con l'autore, una sorta di amicizia per procura) lavora alla costruzione di uno scenario dove Trieste non è solo uno sfondo ma un luogo dove la Storia, quella con la S maiuscola, non è ancora, e per davvero, passata. La storia delle occupazioni naziste, della risiera di San Sabba, dei partigiani comunisti, dei fuggiaschi nazisti. Qui, in una città all'apparenza sonnolenta (ma Veit insiste a ricordarci che i triestini «sono tutti matti»), i conti sono labili e incerti come i confini nazionali. La storia non passa in Europa, in Italia, e meno che mai a Trieste. Ci voleva un tedesco per ricordarmelo. Mi sa che mi tocca leggere anche gli altri suoi romanzi, ora».