«Connessione è una parola così abusata da essere diventata brutta e povera, lisa. La pandemia l'ha inchiodata al suo significato più ristretto: il contatto virtuale, l'abbattimento delle distanze, delle quarantene, della solitudine. Connettersi agli altri significa, ormai, niente di più che contattarli e stabilire un'interazione, uno scambio estemporaneo, pubblico e pubblicabile: qualcosa di verbosissimo, molto rumoroso, talvolta persino prevaricante. In sostanza, connetterci agli altri è, per noi, un modo per soddisfare la nostra unilateralità. Invece, il senso profondo della connessione è l'ascolto dell'altro, il passo che rende possibile l'empatia, che non è il tentativo di mettersi nei panni degli altri, ma di aggiungere la loro sensibilità alla propria, di adottarne lo sguardo. Lo spiega Kae Tempest in un breve saggio appena pubblicato in Italia, Connessioni (e/o), più o meno negli stessi giorni in cui esce il suo nuovo disco, The Line is a curve, entrambi firmati, per la prima volta nella sua carriera, come Kae e non più Kate - due anni fa ha dichiarato di essere trans non binario e di usare per sé il pronome neutro them/they: eliminare la T ha dato neutralità anche al suo nome».