Login
Facebook
Twitter
Instagram
Newsletter

Saša Filipenko, una voce di libertà da Minsk a Kiev

Autore: Guido Caldiron
Testata: Il manifesto
Data: 16 marzo 2022
URL: https://ilmanifesto.it/sasa-filipenko-una-voce-di-liberta-da-minsk-a-kiev/

Parla l’autore di «Croci rosse» (e/o) che fa luce su di un crimine dimenticato. Stalin rifiutò l’aiuto della Croce Rossa ai prigionieri di guerra sovietici, considerati potenziali traditori. «In Bielorussia nessuno può parlare apertamente di quanto sta accadendo. Però a Mosca dove la repressione è meno crudele mi aspettavo che protestassero più persone». «Putin ha chiuso la ong "Memorial" che lottava per i diritti umani e per ricordare la repressione che regnava in Urss. E ha scatenato una guerra contro chi in Ucraina vuole liberarsi definitivamente di quel passato»

«Avrei da raccontarle una storia assurda. Non è neanche una storia, anzi. La definirei una biografia della paura, piuttosto. Di come la paura può sopraffare un essere umano e cambiargli la vita». Quando il protagonista di Croci rosse (e/o, pp. 160, euro 16, traduzione di Claudia Zonghetti) incontra per la prima volta la sua nuova vicina di casa Tat’jana Alekseevna, non sa ancora che ciò che l’anziana donna gli confiderà è destinato a cambiare per sempre anche la sua vita. Lavorando al Commissariato del popolo agli Esteri durante la Seconda Guerra Mondiale, Tat’jana aveva infatti appreso un segreto che Mosca voleva celare ad ogni costo: la spietata decisione del governo sovietico di rifiutare l’aiuto offerto dalla Croce Rossa nei confronti dei prigionieri di guerra sovietici, che Stalin considerava come potenziali traditori. L’aver cercato di impedire che quei prigionieri fossero abbandonati a loro stessi sarebbe costato alla donna una vita intera di persecuzioni e minacce.

È attingendo ai materiali conservati presso l’archivio della Croce Rossa a Ginevra, che lo scrittore bielorusso Saša Filipenko, 38 anni di Minsk, già collaboratore del Primo canale della tv russa, una delle voci più significative della nuova letteratura russofona e impegnato in prima persona nei movimenti per la democrazia e la libertà che si oppongono al regime di Lukashenko, ha ricostruito non solo una tragica vicenda dimenticata, ma un romanzo potente in grado di sfidare le retoriche nazionaliste oggi evocate ancora una volta a Mosca per giustificare una guerra.

(...)