«Dobbiamo vedere il fatto purtroppo che è la pace ad essere l'eccezione, mentre la guerra è la norma». Lo scrittore francese Mathias Enard conosce il male. Il suo libro Zona, ripubblicato quest'anno da E/o in Italia, segue le vicende umane e famigliari di Francis Mirkovic, giovane francese di madre croata, che decide di andare a combattere per la nazione materna all'esplodere della guerra nei Balcani. Il racconto ha il suo centro nel vortice di sangue dei Balcani, ma si estende nello spazio e nel tempo a tutto il Mediterraneo, da Beirut a Troia. Lo scrittore è a Pordenone fino a sabato, perché il Festival dedica del 2022 è dedicato alla sua opera. È una buona occasione per guardare al presente, con la lente della Zona. Enard, per noi le guerre sono un momento di eccezione, la rottura della normalità. In Zona vediamo invece come le guerre siano spesso figlie dei conflitti precedenti e della loro rimozione, come nella guerra dei Balcani. Qual è il rapporto fra guerra e storia? «Purtroppo nell'assurdità della guerra c'è l'eterno ritorno dell'uguale di cui parlava Nietzsche. La guerra ha sempre a che vedere con il passato: quella nei Balcani era la conseguenza della Seconda guerra mondiale perché è lì che si forma la seconda Jugoslavia. Oggi la guerra in Ucraina affonda le radici non solo nella guerra mondiale, ma anche nella dissoluzione dell'Unione sovietica. Le guerre di oggi sono sempre soluzioni presenti a problemi passati».