«"Dopo una vita passata a incarnare la diversità non ho nessun desiderio di essere uguale. Voglio decostruire il potere strutturale che mi ha marchiata come diversa. Non sono io che devo cambiare. È il mondo intorno a me". Questa frase, contenuta nel libro Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche (e/o, 16,50 euro), racchiude il nucleo del pensiero dell’autrice, la 32enne giornalista britannica di origini nigeriane Reni Eddo-Lodge. Tradotto con grande cura da Silvia Montis, è un saggio-manifesto che affronta e spiega molte delle questioni di cui, dopo l’esplosione globale del movimento Black Lives Matter, si dibatte anche in Italia. Questioni – e definizioni – come privilegio bianco, color-blindness, razzismo strutturale, femminismo intersezionale. Prende il titolo da un post che Eddo-Lodge scrisse nel 2014 sul suo blog, in cui esprimeva la frustrazione nel trovarsi a discutere con bianchi che, regolarmente, sminuivano o negavano la discriminazione a cui le persone razzializzate (ovvero chi non è classificato come bianco) vengono sottoposte nella vita pubblica e privata, che si tratti di essere ammessi a una scuola, affrontare un colloquio di lavoro, raggiungere posizioni di potere. Invitata a Più libri più liberi, la fiera nazionale della piccola e media editoria che si è tenuta a Roma agli inizi di dicembre, ne ha discusso con Nadeesha Uyangoda, autrice italiana originaria dello Sri-Lanka, che in L’unica persona nera nella stanza (66th and 2nd, 15 euro), a partire dalla propria esperienza personale fa il punto sulla situazione italiana. Perché non parlo più di razzismo con le persone bianche è un libro al contempo profondamente britannico (l’autrice delinea come il passato schiavista e coloniale della Gran Bretagna sia alla radice del suo attuale razzismo strutturale) e universale: l’edizione in inglese ha venduto un milione di copie».