A suo modo asciutto, ancorché bizantinesco negli intenti e nelle voglie, Énard ricama qui un piacevole intreccio, inventandosi uno snodo fittizio della vita di Michelangelo, ovvero un viaggio a Costantinopoli su invito di un sultano. È così che il libro finisce per trasfigurarsi in una sorta di esperimento in grado di trattare dell'attualità con la lente e la forza di un ponte costruito tra cristiani e musulmani, un ponte che è perno tematico nonché facile metafora all'interno del libro stesso, visto che viene richiesto a Michelangelo proprio di costruirne uno tra le rive del Bosforo. Quanto di fatto è un racconto d'ampio respiro, insomma, cerca di ipotizzare un'idea di tolleranza e di apprezzamento tra culture diverse che si traduca in un progetto concreto e realizzabile. A patto di garantire orizzonti mentali debitamente spalancati e visioni mirabili, chiaramente. (...)