Poliana, quarant’anni e due figli maschi, rimane incinta e decide di sottoporsi all’amniocentesi. In una notte trascorsa in ospedale sogna di avere una femmina, terrorizzata che possa essere down.
(...) Poliana attraversa una notte disperata nella quale una domanda precisa si impone: si sceglie di non mettere al mondo un figlio malato per il suo bene o per non rendere la propria vita un inferno? Perché «i figli, finché sono bambini, sono il trionfo dell’amore ricambiato e ci fanno illudere di meritare il sentimento incondizionato che ci regalano. Ci rapiscono con la loro nascita costringendoci a una prigionia che finirà solo con l’età adulta». Ma l’età adulta per Cristina non arriverebbe mai. Piuttosto bisognerebbe sopravviverle, augurarsi di vederla morire per salvarla. Anna Pavignano scrive della paura, pone domande scomode, le stesse che aveva affrontato con assoluta maestria Guadalupe Nettel nello struggente La figlia unica. In una notte di attesa, Pavignano intesse una trama di pochi personaggi e molti pensieri sul materno: angosciosi, inevitabili e profondamente umani.