Un romanzo breve, ma denso di implicazioni riguardo alla mancanza d’ispirazione, alla sindrome del foglio bianco e alla crisi di idee che colpisce il giovane io narrante di questa storia.
Avevo letto e molto apprezzato Il superstite di Massimiliano Governi, pubblicato da E/O, che ora propone un romanzo, sembra autobiografico, breve ma non per questo meno denso di implicazioni riguardo alla mancanza d’ispirazione, alla sindrome del foglio bianco, alla crisi di idee che colpisce il giovane io narrante di questa storia e che ha molto di simbolico.
Dico subito che Il secondo libro (E/O, 2021) mi ha un po’ sconcertato: pieno zeppo di nomi, di articoli di giornale che vengono riportati nel testo, di citazioni di personaggi veri e fittizi, di luoghi di Roma simbolo di una certa sorta di bohème trasteverina, monolocali sporchi e trasandati, di andirivieni tra i quartieri borghesi, la Cassia, Monteverde, la Rai di viale Mazzini, il mare dei Romani, Circeo, Argentario.
Il contrasto con i genitori, il padre è un funzionario Rai inserito nel “sistema”, come dicevano i giovani contestatori alla fine del secolo scorso alla cui schiera il narratore e il suo amico Giovanni, camicia rosa e montone rovesciato, appartengono.
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C’è poco cibo, molto bere, visite frequenti all’invito alla lettura nei Giardini di Castel Sant’Angelo, ricerca di libri rari, letture compulsive; ci sono John Fante, personaggio amato e ricorrente, ci sono le novità librarie di quegli anni, Baricco, Maurensig, ci sono insulsi programmi televisivi, una vecchia Y10 bianca, l’acquisto giornaliero di cinque quotidiani per cercare qualche spunto della cronaca che lo ispiri e finalmente gli dia l’idea per la trama del romanzo che non riesce a scrivere.