(...) Il privilegio bianco, scomoda eredità storica che si tramanda ormai da numerose generazioni, rende difficile parlare di razzismo: “troppi bianchi hanno atteggiamenti aggressivi o di negazione” (p. 191), altri restano paralizzati dai sensi di colpa e, pur essendo coscienti delle ingiustizie sociali, non sanno che fare.
“Dai sensi di colpa non è mai nato nessun movimento capace di cambiare il mondo. Arrabbiatevi, invece. La rabbia è utile. Fatene buon uso. Sostenete chi lotta anziché sprecare tempo ad autocommiserarvi. (…) Creatività, passione ed entusiasmo sono le tre cose di cui abbiamo in assoluto più bisogno se vogliamo porre fine a quest’ingiustizia. Dobbiamo lottare contro lo scoraggiamento, il senso di impotenza. Dobbiamo tenerci stretta la speranza” (p. 191).
In questa lunga citazione conclusiva si concentra il significato ultimo che io ho potuto cogliere da questa travolgente lettura. Poco più di 200 pagine scritte, in cui diversi aspetti legati al razzismo sono ripresi ed approfonditi da più parti, di volta in volta collegati e contestualizzati in una cornice storica, sociale e politica più ampia, per indicare al lettore dove andare a ficcare il naso se, in una normale giornata di sole, vedendo una persona nera passare per strada, si sente improvvisamente colto da un senso di fastidio ed estraneità, cedendo il passo all’ipotesi che, a generare quel fastidio, non possa essere stato semplicemente l’Altro. Si tratta di impercettibili, micro-riflessioni che, nella mente di ciascuno, possono cambiare il mondo di tutti.