Oh, che viaggio! È la prima cosa che ho pensato, arrivata alla fine, con un misto di tristezza, esaltazione e un certo languore dolce per le cose che stavano per essere, avrebbero potuto essere, chissà che cosa avrebbero potuto essere e… tutto scompare in una nuvola di polvere di stelle, o di qualunque cosa sono fatti i sogni.
Quando ho letto il titolo, mi è sembrato inverosimile che Michelangelo avesse lavorato per il sultano di Costantinopoli. Di lui mi ricordavo soprattutto il tormentatissimo rapporto con Giulio II, il papa guerriero che lo prese pure a bastonate.
Ma questi dubbi erano solo un diversivo, un tentativo di dilatare ancora un po’ il piacere di leggere questo libro-sogno, così preciso e confuso, così pragmatico e idealista, con al centro uno degli artisti che preferisco da sempre.
È Michelangelo che diventa i nostri occhi, le nostre orecchie e i nostri pensieri. Per quanto sia in terza persona, la narrazione, è al presente storico; siamo lì con l’artista e in ogni momento sentiamo quello che pensa, dice, prova. Soprattutto prova, perché Michelangelo non è noto per essere un chiacchierone, e nemmeno uno che indulge in speculazioni metafisiche, o indagini convulse sul perché delle cose.
A meno che non coinvolgano problemi pratici, tipo che diavolo di aspetto dare al ponte sul Bosforo che il sultano Bayazid il Giusto gli ha commissionato. E che persino il grande Leonardo da Vinci, l’esecrato rivale di sempre, non è riuscito a fare. Oh, che gioia, riuscire là dovequell’effeminato sopravvalutato si è dovuto ritirare con un pugno di mosche in mano!
Ecco, sì, ma il progetto del suo ponte (l’unica cosa tangibile) aveva una scintilla ineguagliabile di genio, eh… possiamo anche sottolineare l’innegabile verità che non è stato costruito, ma quel disegno leonardesco splende di intuizioni uniche, mai viste prime, puro talento allo stato brado.
Nonostante il confronto decisamente importante (riuscite a immaginare ad avere Leonardo da Vinci come rivale? A me vengono i sudori freddi al pensiero.), Michelangelo non è uomo da perdersi in timori o reverenze inutili, se chi li ispira non è il Dio dei cieli.
Sull’onda della rabbia verso Giulio II, la sua nemesi reale in vita, e in cerca di rivincite trionfali, Michelangelo s’imbarca per Costantinopoli e varca letteralmente i confini di un altro mondo. La corte è sfarzosa, la città è un concentrato di fascino esotico e oscuro ad ogni passo, e il fiorentino vi si immerge stupito e un po’ recalcitrante, per catturarne l’essenza. È quella che dovrà guidare la sua mano e il suo ingegno di architetto a creare il ponte desiderato dal sultano.
Facile, no? A parole, sì. Non c’è niente di più facile.
Come tutte le creature sfaccettate di fascino, che siano esseri umani o città, Costantinopoli non si lascia prendere così facilmente. Anzi. È lei la predatrice reale, e Michelangelo deve fare attenzione a non perdere la propria sobrietà, che è il suo carattere distintivo, e sé stesso, dietro gli sguardi e la voce ammaliante di una cantante (o un cantante?) che gli parla di mondi divini, al di là della sua portata.
Non è una semplice infatuazione, ispirata da un corpo bello o da una bella voce. È una promessa, un invito verso qualcosa di nuovo, sicuramente straordinario, ma anche pericoloso. Michelangelo, come sappiamo, non è uno sprovveduto con la testa per aria, ma se non ci fosse al suo fianco un poeta di corte, celebre e reale figura storica, che gli fa da angelo custode, forse non avrebbe continuato con la sua lunga vita e le sue opere. Mesihi da Prestina gli sta vicino, per guidarlo non solo nelle tortuosità della corte ottomana, ma anche in quella città imponente, ricca e pericolosa. Sicuramente non così vicino come avrebbe desiderato davvero. E forse anche Michelangelo…
Questo libro, come ho detto, è un sogno. Un sogno che ha basi reali, perché l’artista fiorentino fu realmente invitato dal sultano, come riportano due biografi affidabili e accertati come Ascanio Condivi e Giorgio Vasari. E lo schizzo per il ponte sul Corno d’Oro è stato ritrovato recentemente negli archivi ottomani.
Il sultano Bayazid e Mesihi sono due personaggi storici, al pari di altri che si presentano nel libro. Tutto il resto… arriva dal talento dell’autore, traduttore e conoscitore delle culture mediorientali, e da una certa connessione con Michelangelo Buonarroti, attraverso la corrente fluida dell’Arte, quell’entità maiuscola che fa comunicare agevolmente persino esseri vissuti in tempi e paesi diversi.