In un’intervista Mathias Enard ricorda di quando, diverso tempo fa, si trovava a Villa Medici a Roma e aggirandosi per la immensa e sontuosa biblioteca s’imbatté per caso in un volume. Si fermò a sfogliarne le pagine: era la vita di Michelangelo raccontata da Vasari. Restò meravigliato quando lesse che nel 1506 lo scultore allora trentenne ricevette un invito a Costantinopoli dal Sultano in persona per costruire un ponte sul Corno d’Oro.
È già una favola, o forse due: quella di Michelangelo e quella dell’autore che nella magica atmosfera della biblioteca romana resta incantato da una scoperta.
Parlami di battaglie, di re e di elefanti è un titolo e un desiderio.
Pubblicato nel 2010 in Francia per Acte Sud e riproposto ora da e/o, questo romanzo è una sorta di “What if”. E se Michelangelo, invece di limitarsi a mandare qualche schizzo, ci fosse andato veramente a Costantinopoli? Se avesse passato giorni a disegnare in compagnia di una scimmietta? E se si fosse innamorato di un danzatore o danzatrice, cangiante nel genere e inebriante nella voce? E se il poeta Mesihi da Prestina di notte lo avesse portato nelle taverne a bere vino, ascoltare chiacchiere di mercanti e viaggiatori, sentire musica e commuoversi, e intanto si fosse innamorato dello scultore e, senza farne parola, per lui avesse scritto i versi più belli?
In francese il libro si chiamava “Parle-leur de batailles, de rois et d’éléphants”, a loro: ai bambini. In italiano quel Parle-leur è diventato “Parlami”.
“Come l’iniziato, assistendo nella penombra eleusina all’evocazione mimata o danzata del rapimento di Kore nell’Ade e della sua annuale riapparizione sulla terra in primavera, penetrava nel mistero e trovava in questo una speranza di salvezza per la sua vita, così il lettore, seguendo l’intrigo di situazioni ed eventi che il romanzo intesse pietosamente o ferocemente intorno al suo personaggio, partecipa in qualche modo alla sua sorte, introduce comunque la propria esistenza nella sfera del mistero”, scrive Agamben nel Fuoco e il racconto (Nottetempo).
Per ascoltare davvero una storia c’è solo bisogno di sgomberare la testa e far posto alle immagini e al suono delle parole, diventare leggeri, chiudere fuori le troppe o troppo poche cose che si sanno, dimenticare di interpretare ogni cosa, contestualizzare, decifrare. E così concedersi finalmente inermi, come Shahriyar a Sherazad, alle battaglie, ai re, agli elefanti, e al Bosforo, alle strade di Costantinopoli, alla reggia del Sultano Bayazid, alla luna sottile su Santa Sofia, ai dettagli di pelli di zibellino e di martora, dei rotoli di raso e del velluto dorato, delle casse di specchi portagioie e poi “cavalli, uomini e astragali” – elenchi soffici e lucenti entro cui vive il mistero e il lettore può cercare “salvezza per la sua vita”. “Parlami”, perché ne ho bisogno anch’io come un bambino o un crudele re persiano.
Il ponte di Michelangelo, in questo lieve libro di Mathias Enard, collega realtà e immaginazione, Storia e divagazione, per poi svanire. Non possiamo dire che tutto ciò sia effettivamente accaduto, ma in fondo perché no. Se solo Michelangelo non l’avesse detto quasi a nessuno per non inimicarsi il Papa. L’unica prova, il ponte in costruzione, scompare in un terremoto senza lasciare alcuna traccia: e sembra di risvegliarsi da un sogno di mezza estate o di uscire da un armadio dentro cui restano il leone e la strega.