I romanzi di Matt Haig assomigliano a quelle torte con un sacco di strati: c’è la storia, spesso assurda, difficilmente collocabile in una categoria, e poi, man mano che si affondano i denti tra le pagine si sente lo strato di filosofia, quello scientifico, quello sentimentale, un vago retrogusto amaro, ma lontano, in sottofondo e quelle frasi lapidarie, verissime, come delle piccole pepite di cioccolato che saltano fuori all’improvviso prendendoti alla sprovvista e rivoluzionano tutti i sapori.
Nora vuole morire.
Non ha più niente per cui vivere: ha perso il lavoro, ha lasciato la band nel momento in cui potevano sfondare, si è ritirata dalle gare di nuoto poco prima di essere convocata per le olimpiadi, ha lasciato il fidanzato all’altare, litigato con amici e col fratello. Le è persino appena morto il gatto. E allora decide che non ha più senso stare al mondo, continuare a soffrire.
Ma anziché dissolversi nel nulla, Nora si ritrova proiettata in una biblioteca che contiene i libri delle infinite possibilità che la sua vita avrebbe potuto essere. Tra tutte queste possibilità dovrà scegliere una vita alternativa nella quale si senta veramente realizzata e felice. Come unica guida avrà la sua vecchia bibliotecaria e il libro grigio dei rimpianti.
Anche questo, come lo era stato “Come fermare il tempo”, è un libro filosofico sul senso di inadeguatezza che tutti, prima o poi, proviamo, ma anche una riflessione su come costruiamo noi stessi sulla base delle nostre scelte e dei nostri errori, di come questi facciano parte di noi, di come basti poco per cambiare prospettiva, di quanto sia faticoso accettarsi e trovare un senso in ogni giorno e un po’ di bellezza in quello che ci gira intorno.