Siamo nella Parigi di fine anni sessanta; i personaggi principali del libro, i tre fratelli Luc, Mijoux e Liz vivono in una famiglia fuori dalle righe: una madre apparentemente assente, il padrigno senza cuore Georges, la nonna Carla, ebrea scampata ad Auschwitz, un esercito di animali domestici. Sul padre dei ragazzi, il mitico Emile Mochel, intraprendente viaggiatore schiantatosi con l’aereo durante uno dei suoi avventurosi viaggi, girano numerose leggende metropolitane; si dice che fosse un uomo di fascino straordinario e un latin lover. Luc ha dieci anni e, come succede spesso nell’adolescenza, scopre il piacere dell’ozio: abituato fin da piccolo a essere il primo della classe, impara presto ad abbandonarsi alla seducente vista dell’orizzonte oltre la finestra dell’aula scolastica. Torturato per gli insuccessi dai severi insegnanti e dal patrigno malvagio, quasi come in Cenerentola, il ragazzo sembra aver deciso: è quello il suo futuro. Le giornate dei tre ragazzi passano così tra le corse nella fabbrica di clacson di famiglia, le arrampicate nel “castello” costruito sugli alberi, lo spiare divertito le liti furiose della madre Sarah con l’odiato Georges, la curiosità per i movimenti studenteschi del ’68, la passione tra Luc e Fancy. Trovano spazio anche i profondi momenti di riflessione e crescita innescati dagli orribili ricordi della nonna Carla ad Auschwitz e la paura che l’orrore del nazismo possa ripetersi nella storia. La famiglia Mochel sembra reggersi unicamente sulle spalle di questa realistica nonnina, grande lavoratrice e inimitabile confidente dei ragazzi. Purtroppo i giovani fratelli comprenderanno presto le difficoltà della vita: la piccola Liz sarà colpita da una grave malattia, un’incidente d’auto per poco non costerà la vita ai due fratelli, fino all’evento più tragico, la morte della nonna. Il dolore per la perdita della nonna e la malattia della piccola Liz fanno scoprire a Luc una forza inaspettata, portandolo a costruire un ascensore in casa, per permettere alla sorellina di muoversi con minori difficoltà, e a intraprendere con lei e la famiglia un viaggio in Perù, da zii e parenti lontani. Tra racconti sul padre scomparso e visite nella foresta amazzonica, Luc scopre un’amaca rossa:
Quella mattina ero andato all’emporio del villaggio per comprare l’amaca rossa che avevo adocchiato già da un po’. Sono tornato in albergo con l’amaca sottobraccio e l’ho appesa tra due alberi dietro al bungalow. Poi mi ci sono sistemato dentro e mi sono addormentato all’istante. Al mio risveglio il sole cominciava già a calare. Le cinque. Sono saltato giù dall’amaca, mi sono infilato le scarpe e mi sono avviato all’emporio. Avvertivo una strana sensazione di panico.
Simbolo di equilibrio, pigrizia e serenità, quell’amaca rossa lo accompagnerà in tutte le fasi della vita e lo cullerà nel ricordo dei momenti felici trascorsi, sarà sempre pronta ad accoglierlo, legata ai due alberi della casa dell’infanzia, sotto gli occhi protettivi della nonna e della sorella. Luc è ormai un uomo quando fa ritorno a Parigi, si iscrive all’università e capisce che la sua strada è quella dello scrittore. Ma le difficoltà incontrate nel mettersi a scrivere il primo romanzo ed il rifiuto degli editori non riusciranno a fermarlo; per una volta Luc capirà il sisgnificato della parola “determinazione”. L’amaca rossa continuerà ad offrirgli rifugio nei momenti di mancanza di ispirazione, trascinandolo alle origini, all’adolescenza da “asino” spensierato della classe. Lo scrittore Jean Luc Payen sembra raccontarci in questo moderno romanzo qualcosa di autobiografico, ricco di spunti di riflessione; la grande forza di volontà necessaria a ogni scrittore (e a ogni uomo) per determinare il proprio futuro. Ad animare ogni pagina di questo brillante romanzo sono gli episodi quotidiani, amalgamati in una scrittura leggera e ricca di citazioni di favole, storie, leggende. Un romanzo ironico, a volte drammatico, capace di condensare storia e fantasia, infanzia e età matura, presente e ricordo del passato con “filosofia”.