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Un presidente per tutti gli italiani

Autore: Marcello Veneziani
Testata: Panorama
Data: 16 giugno 2020

(...) Ho tra le mani un libretto di De Rita appena uscito, Come cambia l'Italia. Discontinuità e continuismo, e mi sono quasi commosso. Il libro è uscito lo stesso giorno in cui è uscita l'Italia dal lockdown, il 3 giugno. Il saggio colpisce per almeno tre cose. La prima, caso più unico che raro, De Rita non solo pensa all'Italia ma pensa l'Italia. È cioè convinto che sia necessario pensare l'Italia prima di governarla, rifarla e disfarla.

Per capire l'oggi bisogna prendere la rincorsa dal passato, paragonare l'Italia non solo al mondo circostante, ma anche al mondo retrostante, vedere da dove veniamo, farne la storia e cogliere i nessi di continuità. Occorre avere una visione dell'Italia, una visione complessiva; oggi magari lo dicono tutti, ma De Rita lo dice e lo fa da mezzo secolo e più. Ha uno sguardo duttile e curioso, ma non mancano punti fermi e tornanti.

La seconda è che la sua disamina troverà magari accordi solo parziali o tassi di dissenso più o meno elevati; io per esempio sono d'accordo a metà con quel che dice, predice e sostiene. Ma De Rita è uno dei rarissimi italiani che coglie l'intelligenza dei fenomeni e dei processi in corso, sa trovare il filo conduttore in un Paese sfilacciato, scombinato. E sa imbastire con quel filo un arazzo di scenari e di prospettive che neanche i protagonisti sono in grado di capire. Non vuol portare l'acqua al mulino di nessuno, non è con la maggioranza né con l'opposizione, non è governativo, tecnocratico o protestatario.

La terza, quella che più induce alla commozione, è che De Rita ha ancora fiducia, ritrova elementi positivi in pieno marasma, cerca di argomentare la speranza alla luce della realtà. Trova rassicuranti elementi di continuità nonostante gli annunci di rottura e l'ebbrezza del nuovo assoluto. Vede perfino riemergere richieste di competenza in piena ignoranza militante al potere. E ravvisa in una società molecolare, abitata da soggetti ringhiosi e rancorosi, tracce di ispirazione non dirò comunitaria ma almeno sociale: le reti, i nodi, le filiere, le piattaforme, le tecnostrutture non rinverdiscono certo il tessuto sociale ma ravvisano a suo dire tracce di identità e di collettività che sembrano invece disperse agli occhi dei più. (...)