È notte, nell'Estremadura.
Nei pressi di un castillo di questo piccolo appezzamento di terra dal cielo ha cominciato a scendere della neve candida, in una quantità che mette in allerta gli abitanti del luogo, militari estenuati dal sesto anno consecutivo di guerra tra la Confederazione guidata dall'Italia e la Lega, di cui fa parte la Spagna.
L'anno è il 1938 e nella cantina di questo castillo che sembra ricordare le architetture che riempiono le favole Alejandro de Yepes e Jesus Rocamora si incontrano nelle cantine che straripano di vari tipi di vino con tre personaggi che sembrano strani. Il capo degli stranieri, con riccioli rossi e un sorriso pronto a esplodere si presenta come Petrus e mentre brinda con l'Amarone che considera il vino delle storie annuncia di essere un elfo, proprio come i suoi due compagni.
Jesus rimane sconvolto dalla notizia e in un primo momento ha difficoltà a credere alle parole degli ultimi arrivati, ma Alejandro sa ascoltare la voce dei morti che si alza dai cimiteri e non ha difficoltà nel veder affiorare dalle ombre i volti delle persone che ha perso nel corso della sua vita sfortunata. Così quando Petrus annuncia di essere uno degli Elfi del Paese delle Brume, il comandante non ha alcun problema ad accettare la storia.
Il che è un bene perché Petrus è venuto a portare notizie non proprio allettanti: nella terra degli umani si sta svolgendo una guerra che è stata voluta in realtà da uno degli Elfi malvagi. Come se non bastasse, inoltre, le Brume si stanno ritirando e senza brume gli elfi non sono sicuri di poter vivere. Così, alla fine, Alejandro e Jesus decideranno di attraversare un ponte invisibile che collega i due mondi per aiutare gli elfi e, insieme a loro, anche la propria gente.
Questa, in breve, è la trama di Uno strano paese, nuovo romanzo di Muriel Barbery, autrice del caso editoriale internazionale L'Eleganza del Riccio. Con il nuovo romando, edito da Edizioni E/O, la scrittrice realizza una storia che condivide con il titolo l'epiteto: strano. Il lettore che si avvicina alla lettura, magari incuriosito dalla quarta della copertina, finirà con il trovarsi in un libro che somiglia alla tana del coniglio in cui scivola la Alice di Lewis Carroll. Il preludio della storia può apparire un tantino lento, con il racconto della vita e delle caratteristiche del personaggio di Alejandro che procedono con uno stile aulico, impreziosito da riflessioni che a lungo andare possono dare la sensazione di trovarsi nel mezzo di una matassa di cui non si trova il bandolo. Ma basta arrivare già al primo capitolo, dove viene raccontata una storia alternativa, un mondo in guerra prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, e Muriel Barbery compie il suo incantesimo. Proprio come Alejandro e Jesus i lettori di Uno Strano Paese , dopo un primo momento di smarrimento e di cinismo, decidono di voler credere alla fiaba, di voler credere alla potenza della storia. E così, smarriti in una cantina piena di vini e priva di pilastri architettonica, si lasciano guidare da elfi e uomini d'onore in un mondo talmente originale da avere i colori ribaltati e in cui l'essenza delle creature che lo abitano non è limitata ad una semplice forma, ma è in grado di viaggiare con la stessa forza dell'immaginazione dell'autrice che ha creato tutto ciò.
Storia di guerra, ma anche di lealtà e di amicizia, Uno Strano Paese è anche una lunga storia d'amore tra creature che popolano mondi diversi, ma che della diversità non hanno paura e che invece sono pronti ad accettarla come prova incontrovertibile dell'esistenza di qualcosa di più grande, qualcosa per cui vale davvero la pena combattere, a dispetto delle motivazioni basse che muovono gli uomini sui campi di battaglia. Muriel Barbery scrive un fantasy che fantasy non è, un distopico in cui la distopia non c'è o, meglio, è messa al servizio di una più ampia riflessione sulla natura umana, sui limiti degli esseri umani. A ben guardare, dunque, lo strano paese di cui parla la scrittrice che vive nella campagna francese (un'ispirazione che si sente moltissimo durante la lettura) è il mondo stesso, quello che abitiamo noi esseri umani e quello che noi esseri umani stiamo distruggendo. Il ritiro delle brume può essere facilmente visto come una riflessione sulla crisi climatica e il paese degli elfi somiglia quasi all'anticamera di un purgatorio dove verranno pesati i peccati dell'intera razza umana.
Per raccontare tuto ciò Muriel Barbery ha scelto di servirsi di un'estetica e di echi che sono profondamente legati alla tradizione asiatica in generale e nipponica in particolare: si sente quasi l'eco del fruscio dei ciliegi che fioriscono davanti al Monte Fuji nel momento in cui il paese degli elfi si mostra a due umani che finalmente sono pronti a guardarlo. Il tutto è reso da uno stile poetico e a tratti aulico, che rimanda la sensazione di star spiando un incantesimo fatto durante un sogno. Va detto, però, a onor del vero, che Uno Strano Paese non è una lettura per tutti. Se siete tra i lettori che tra le pagine di un libro cercano il ritmo forsennato, intrighi al cardiopalma e relazioni fatti di grandi dichiarazioni, allora questo potrebbe non essere il libro che fa per voi. Uno strano paese è una lettura che richiede tempo e richiede concentrazione. Una lettura che vuole che il lettore sia partecipe della stessa magia che cattura i personaggi, ma anche dei loro dubbi esistenziali, quasi metafisici.