(...) Si stima che l’evento funesto di Černobyl’ sia costato la vita a un milione e mezzo di persone. Le conseguenze continuano a propagarsi e, come all’epoca del disastro, le informazioni attendibili sono centellinate. Le voci di chi è rimasto sono fonti preziose, come quelle che Svetlana Aleksievič ha reso immortali in Preghiera per Černobyl’ : “Io col mio bastone cammino ancora. A fatica, ma vado. Se mi prende la malinconia, piango un po’ e mi passa. Il villaggio è vuoto…Ma ci sono uccelli d’ogni tipo… Che volano… E capita di vedere un alce che passeggia come niente fosse…(piange)”. A parlare così, nel libro di Aleksievič, è la signora Zinaida Kovalenko, residente non autorizzata. Černobyl’, sostiene Aleksievič, è un enigma che dobbiamo ancora decifrare, un compito e una sfida del Ventunesimo secolo. Riguarda ciò che l’uomo ha appreso, intuito, scoperto su sé stesso e sul proprio atteggiamento nei confronti del mondo. È lo stesso mestiere di Kamyš: la ricostruzione non degli avvenimenti, ma di una percezione collettiva mutata. (...)