Dovrei ormai essere abituata ai thriller tedeschi e invece no. Se poi sono, come in questo caso, anche spy stories legate alla politica internazionale, il gioco si fa duro e la lettura piuttosto impegnativa. E’ davvero difficile, all’inizio, districarsi fra nomi slavi e tedeschi, sigle politiche e di servizi segreti di mezzo continente, salti temporali prima e dopo la guerra nella ex Jugoslavia. Un lavoraccio.
Ma la storia c’è e tiene avvinghiati alle pagine: in un’atmosfera greve, spesso uggiosa, gravida di minacce la commissaria Xenia Ylenia Zanner, friulana di stanza a Grado, segue i movimenti della loschissima senatrice Castelli de Poltieri implicata in una rete di corruzione internazionale e sospettata di essere responsabile della morte del fratellastro di Xenia, ingiustamente incarcerato anni prima.
Intorno a questa storia, già di per sé complicata, si aprono scenari legati agli anni ’90 e alla guerra tra Serbia e Croazia. Perché tutto è collegato: guerra significa soldi, immigrazione clandestina significa soldi, speculazione edilizia significa soldi. Sempre per le stesse persone, negli anni passati e nel presente. E se nel mezzo di tutto questo cade qualche testa (non metaforicamente) beh, ovviamente fa parte del gioco.
Ed è proprio questo gioco che Xenia tenterà di interrompere una volta per sempre. Con coraggio suicida, con amore e senso del dovere. Fin qui, fila tutto liscio. I problemi, dal punto di vista della struttura del racconto, nascono quando Heinichen comincia a descrivere i rapporti di coppia; Xenia non è minimamente credibile come fidanzata del suo poetico e (troppo) paziente archeologo in cerca di occupazione fissa: lo maltratta senza motivo, mortifica ogni sua timida iniziativa e sembra più un orco che una donna innamorata; stessa cosa nel duo Clarissa /Micos, dove lei è meno mascolina di Xenia, ma altrettanto brutale e scostante. Intuisco che i rapporti di coppia non esaltino l’autore, ma allora sarebbe valsa la pena derubricarli a costruttivi scambi amicali.
Xenia serra i pugni. Prima la figuraccia con i fiori in ufficio e adesso questo: un mazzo di rose rosse a gambo lungo occupa metà del traballante tavolo in giardino. L’altra metà è apparecchiata per la cena. “Ancora? Devi essere impazzito Arne. Hai incassato l’assegno dei tuoi o li hai rubati al cimitero?. Lui fa l’unica cosa giusta da fare quando Xenia è infuriata: tace.
La nostra commissaria è una in gamba e tosta, ma francamente nei rapporti personali esagera. Ciò nonostante, tifiamo per lei dall’inizio alla fine e il cuore batte rapido mano a mano che si arriva verso la fine di questa intricatissima vicenda: sembra proprio di stare davanti ad uno schermo osservando le scene adrenaliniche di un film.