C’è stato un tempo in cui la donna era considerata una creatura pericolosamente stimata; affascinante contenitore di forze e poteri sovrumani. Nulla a che vedere, insomma, con il mito della donzella in pericolo o dell’oggetto di desideri poco galanti che ancora oggi è difficile da sfatare.
Anche se il gentil sesso continua a non godere a pieno delle stesse libertà e trattamenti riservati al sesso forte, la storia non smette mai di ricordarci che ci sono state figure femminili in grado di tenere nelle loro graziose, ma sottovalutate, manine il mondo intero: Cleopatra, Elisabetta I d’Inghliterra, Marie Curie, Evita Peron… Oggi, però, per fortuna (o per sfortuna) non approfondiremo la delicata questione della parità dei sessi; vi parleremo, invece, di un libro che narra di donne molto particolari: forti e fragili allo stesso tempo, capaci di intrecciare le fila della sorte e tessere la trama della vita a proprio piacimento; vi parleremo di streghe!
Le Streghe di Smirne (titolo originale: ΟΙ ΜΑΓΙΣΣΕΣ ΤΗΣ ΣΜΥΡΝΗΣ ) è la singolare raccolta di fatture, litigi, alleanze, famiglie, amori e donne; scritto nel 2001 da Mara Meimaridi e pubblicato in Italia nel 2004 dalla casa editrice E/O. La Meimaridi è nata e cresciuta a Kastella e attualmente vive ad Atene. Ha studiato archeologia alla Sorbone e anche biologia e medicina. Oggi è un’apprezzata antropologa e Le Streghe di Smirne è il suo primo (e unico) romanzo.
Sulle coste della Turchia Turchia. Eftalìa è una vedova forte e risoluta. Ha deciso di lasciare la Cappadocia per raggiungere la cosmopolita Smirne, insieme a lei ci sono la figlia Katina, giovane e brutta, e la nipotina Annesò. Siamo a cavallo tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo e le tre avventuriere si sono lasciate alle spalle una vita fatta di stenti e solitudine. Inizialmente trovano sistemazione da Fula, cognata di Eftalìa, e con il passare del tempo si abituano al pittoresco quartiere saturo di colori, profumi e del rumore assordante provocato dalle donne che lo animano: sarte, commesse, lavandaie e puttane. Un paradisiaco inferno dove poter iniziare una nuova vita a patto, però, di essere tanto svegli da badare a se stessi. Le protagoniste imparano in fretta a cavarsela da sole. Eftalìa trova lavoro e Katina si abitua a parlare il greco perché tutti a Smirne, turchi, ebrei e cattolici, comunicano in greco.
La vita nel quartiere prosegue come sempre: si lavora, si fanno buoni affari, si cucina, si litiga con la vicina, si cerca un marito ricco per la propria figlia, si riempe stomaco e cuore dell’uomo per farlo stare buono e lontano dalle incombenze femminili. Le cose, però, cambiano quando nella vita di Eftalìa e Katina entra Attarte, una vecchia turca conosciuta da tutti come la Madre. Sotto l’aspetto di fragile donna anziana, si nasconde una strega capace di vedere il futuro e di offrire una vantaggiosa protezione alle figlie che si affidano a lei.
Fatture e matrimoni Il destino di Katina sembra proprio quello di essere una ‘figlia’ ed Eftalìa chiede alla Madre di combinarle un matrimonio conveniente. Attarte accetta, ma è chiara fin da subito: la ricchezza che si ottiene dalla sua magia non deve essere esclusivamente pane per i denti di uno solo. Tutte le figlie hanno un compito particolare: dedicarsi al sapere per diventare anelli di congiunzione tra il mondo inesplorato della Madre e quello già conosciuto dall’essere umano. Successivamente, su consiglio della strega, inizia il complicato gioco di fatture, sortilegi e incantesimi per rendere Katina irresistibile agli occhi maschili.
Il primo a cadere nella maliziosa trappola è il mercante di tabacco Spiros Serbétoglu, assassinato per aver cercato di aggirare la legge sul contrabbando. Il secondo è l’armatore Costantinos Karamanos che muore a trentaquattro anni dopo un infarto. A Costantinos segue Sirios, fratello di quest’ultimo. Infine Katina, resa madre e nuovamente vedova da Sirios, sposa un uomo più giovane di lei, l’ultimo marito, ma al lettore non verrà mai presentato. Ogni matrimonio porta a Katina e alla madre grossi vantaggi. Riescono a sistemarsi in case belle, grandi, ad avere sempre cibo a tavola ed essere servite e riverite. Tutto questo, però, a caro prezzo: le protagoniste, infatti, non possono permettersi di abbassare la guardia. Mentre gli uomini si dedicano al noioso passatempo dei padri di famiglia, le donne smirniote sono impegnate in una guerra costante fatta di rituali antichi per stimolare la propria fortuna e la sfortuna delle altre.
“Ames atéthi. Ames seghíta. Ames sanklá. Ghighió ghitzilmá” – [Io ti chiamo. Segui me. A me obbedisci e lei distruggi] – pag. 420
A Smirne, di notte, gli uomini stanchi si addormentano nei loro letti, mentre le donne sotterrano nel giardino della vicina strani amuleti e stracci macchiati di sangue. A Smirne, mentre gli uomini sono convinti di tenere le redini di un’intera famiglia, le donne gli somministrano strani intrugli per rinvigorirli e assicurare la prole o per intontirli e prendere in mano il controllo degli affari. Katina, insieme alla madre, partecipa attivamente alla guerra delle donne. Cerca di ottenere il massimo da tutti i matrimoni; non è solo ‘la moglie di’, ma qualcosa di più: diventa amica, amante, confidente, consigliera fino a diventare presenza indispensabile tanto nella vita matrimoniale quanto in quella professionale del marito.
La fine è solo l’inizio Gli anni passano e Katina invecchia, la sua è stata un’esistenza piena di vita e di morte, fortune e tragedie. È ormai stanca del mondo e degli uomini. Sente di non aver eseguito a pieno le volontà di Attarte, sente di dover andare via. Riempie interi quaderni con il suo vissuto e formule magiche. Sono le sue memorie, memorie che dovranno diventare quelle di qualcun’altro in grado di realizzare il piano della Madre, ma chi potrà farlo?
«Partirò in viaggio, Eléni» disse a mia madre quell’estate del ‘65, mentre ce ne andavamo da Egina, un po’ prima dell’inizio della scuola. «Ma rinascerò tra ventitré anni, da una strega illuminata». Quello stesso anno morì. – pag. 17
La vera storia di Katina inizia proprio quando il lettore smette di leggere…
Parliamone… Quella delle streghe, delle donne di Smirne è una storia sicuramente molto interessante. La penna dell’antropologa è viva, forte. Meimaridi costruisce un ottimo contesto storico, delinea perfettamente luoghi, emozioni, natura umana. Riesce a sviscerare la figura femminile, fatta di innumerevoli strati e sfumature. Le donne di Meimaridi sono amanti generose e nemiche temibili, sempre pronte a donare la vita e a distruggerla. Le smirniote sono dee dal fascino provocante e dall’animo inquinato dalla povertà che assottiglia la visione pratica della vita:
«Se vuoi un matrimonio che ti elevi socialmente, che ti renda felice, in nome di dio, non scegliere mai quello per cui hai una grande passione. La passione passa e ti si aprono gli occhi. E allora cosa vedi? […] Gli amori, fuori dal matrimonio. Le passioni vivile con gli altri, quelli di passaggio.» – pag. 103
Come sirene mitologiche, attirano e respingono il lettore; lo ammaliano con le loro fragilità e lo terrorizzano con il loro lato oscuro. L’autrice rende vivo questo mondo fatto di colori, profumi e piatti greci e turchi, tanto da farlo diventare quasi palpabile.
Vanno, però, sottolineati degli elementi che affibbiano un ‘quasi perfetto’ a un libro considerato un best seller in Grecia. In più punti la narrazione si arresta, assume un ritmo troppo lento per raccontare di intrighi e passioni. La Meimaridi decide anche di essere generosa con le digressioni. Passato, presente, voci e personaggi si mescolano continuamente e rende, a volte, difficile metabolizzare la lettura.
Il nostro consiglio: leggete tutto d’un fiato Le Streghe di Smirne e perdetevi nel caos vitale delle smirniote. Leggete il libro una seconda volta per apprezzarne trama e dettagli curiosi.