Bastiano è un bambino. Un bambino innamorato dei suoi genitori. Bastiano ha uno sguardo attento e gli occhi verdi. Da grande vorrebbe proprio essere come il suo babbo.
Bastiano vive in una buca sottoterra nata come rifugio per ammazzare le bestie. Suo padre, Aldo, disertore della prima grande guerra è costretto a nascondersi con la famiglia per sfuggire alla fucilazione. Bastiano conosce l’oscurità, brevi lampi di luce. Tutti i suoni, i rumori e gli scricchiolii che vengono da sopra. Conosce la paura che qualcuno venga a prenderli. I Cariolanti, per esempio, che nella sua immaginazione di bambino alimentata dalle storie raccontate dai genitori sono creature terribili. Bastiano conosce la fame. Quella che ti impedisce di pensare. Di dormire, e se ci riesci sogni solamente il desiderio di mangiare. Quella che ti spinge a compiere gesti disumani. Quella che lentamente ma con tenacia ti porta a somigliare a una bestia.
“Sì, è proprio brutta la fame, specie quella che poi mangi un pezzettino della mamma.”
Gli anni passano e Bastiano con la famiglia riescono ad emergere dalle profondità della terra per stabilirsi in superficie in una casa tutt’altro che accogliente attraversando continue privazioni, stenti, lavori precari, sfruttamento. Senza premurarsi, almeno nei rapporti umani, di nascondere quella parte di animo bestiale che è pronta a ogni occasione a saltare fuori con violenza e brutalità.
Sacha Naspini pubblica “I Cariolanti” nel 2009, romanzo da poco tornato in libreria in una nuova veste a cura di E/O Edizioni. Un libro bello che racconta una storia tremenda. Attraverso diversi registri, narrati in prima o in terza persona, resoconti ufficiali o pagine di diario, l’autore dapprima ci affonda in un sottosuolo dove ci fornisce le basi per riportarci alla luce sempre avvolti da un’oscurità che grazie al suo stile, alla sua sensibilità e alla sua bravura riesce a rendere luminosa. Si rimane al fianco di Bastiano, spesso un passo dietro di lui osservandolo con occhi grandi di stupore e di orrore. Lo vediamo alle prese con le prime esperienze d’amore, imprigionato dietro le sbarre, impegnato come soldato e di nuovo in fuga trovando sempre nei boschi il luogo a lui più congeniale, dove maggiormente si sente a suo agio.
Della figura del padre conosciamo ogni risvolto dell’animo, così come quello della madre che rimane a lungo avvolta da un velo che si lascia scoprire a poco a poco finendo per divenire chiaro ma non meno sconvolgente.
Un’ambientazione cupa, primordiale, sanguigna dove i sentimenti e le emozioni si esprimono attraverso esplosioni. Tutto è portato all’estremo. L’amore, la carnalità, l’odio, la vigliaccheria, la paura, la fame.
Un romanzo che ci mostra quanto sia fondamentale il modo in cui si viene cresciuti, quello che da bambini s’impara non tanto dalle parole ma quanto dai gesti e dalle azioni che vediamo fare dagli adulti che sono l’unico modello di riferimento che abbiamo. Ci mostra quanto un’infanzia di privazioni e violenza plasmino irrimediabilmente l’uomo che diventerà quel bambino.
“I cariolanti” è una storia potente e violenta in cui non c’è salvezza, dove si finisce per essere risucchiati in una spirale che ha la sua fine nel proprio inizio. Dove le bestie sono spesso migliori degli uomini. Dove si parla della vita anche e soprattutto attraverso la morte. Dove i segreti crescono nel chiuso delle mura ingigantendosi a dismisura fino a schiacciare ogni cosa. Dove il destino è segnato fin dalla nascita. Dove ci sono sentimenti tanto potenti quanto destabilizzanti che ti tengono in equilibrio tra la felicità e la tragedia senza riuscire a darci certezze o consapevolezze.
“Però quando uno è bestia nell’anima non ci si può fare tanto.”