Veit Heinichen, scrittore tedesco che da più di venti anni vive a Trieste, è conosciuto al pubblico di lettori di noir soprattutto per la fortunata serie di romanzi che ha per protagonista il commissario Laurenti.
Le vicende del commissario prendono il via con “Gib jedem seinen eigenen Tod”, ovvero “A ciascuno la sua morte”, datato 2001 e tradotto in italiano nel 2005, e vedono il loro capitolo più recente in “Ostracismo”, pubblicato in Italia nel 2018.
Il nuovo romanzo di Heinichen, intitolato “Borderless”, pubblicato nel febbraio di quest’anno da Edizioni e/o, pur mantenendo un intreccio e uno stile in assoluta continuità con i testi più noti dell’autore, affida la parte della protagonista al commissario Xenia Ylenia Zannier, con le iniziali “XYZ”, tipicamente associate a grandezze incognite, a testimoniare un carattere indomito e imprevedibile.
“Borderless” è, prima di tutto, una storia di confine. Paradossalmente, dato il titolo che, tradotto, suona “senza frontiere”. O meglio, è una storia di confini, diversi e mutevoli. Linee di demarcazione che vengono continuamente tracciate, ridefinite, varcate, nel corso del racconto.
“Borderless” è anche una storia di spie: non tanto alla James Bond, con lo scontro eroe-antagonista a catalizzare la vicenda, quanto piuttosto sullo stile di John Le Carrè, disincantato eppure appassionato, con occhio sempre attento tanto alle debolezze quanto alle qualità umane.
Non ci sono individui capaci, da soli, di alterare il corso della vicenda: ma ciascuno, nel bene e nel male, cerca di fare la propria parte. Attraverso un’indagine poliziesca su fatti che paiono di criminalità comune, arriviamo a intuire una trama molto più complessa, che riguarda tanto il passato (la dissoluzione della ex-Jugoslavia) quanto il presente (luci e ombre dell’Unione Europea e degli Stati che la compongono).
Xenia Ylenia Zannier è un detective imperfetto: vittima di un passato difficile, che non riesce a buttarsi completamente alle spalle, fatica a volte a giocare di squadra, malgrado il suo spirito onesto e leale.
Forse anche per questo però, si tende fin da subito a parteggiare per lei, in una storia in cui, a guardarsi intorno, sembra che una mano lavi l’altra e che uno tra i confini più spesso dimenticati, varcati e vilipesi sia quello tra lecito e illecito, tra morale e immorale.
Dal punto di vista della tecnica narrativa, colpisce il sapiente uso del flashback, così come del cambio di scena. Ci troviamo trasportati da Trieste a Salisburgo, dalla Germania alla Croazia, ma anche da oggi alla fine degli anni ’90: senza mai perdere la bussola, ma anzi riuscendo, proprio grazie a tale costruzione, a seguire e a dipanare un intricato percorso di misfatti e di depistaggi.
Proprio quando crediamo di aver capito, insieme a Xenia, come davvero sono andate le cose, ci rendiamo conto che anche aver rimesso insieme tutti i pezzi del complicato puzzle potrebbe non essere sufficiente. Ci vogliono prove, e prove incontrovertibili, per portare l’inchiesta a scalfire personaggi che sul loro cinismo hanno costruito una brillante carriera, e occupano posizioni che sembrano inattaccabili.
Come nella tradizione di Le Carrè però, saranno proprio questa meschinità e questo cieco egoismo a formare un’incrinatura nella rete di corruzione e di omertà, a creare quello spiraglio che Xenia Ylenia Zannier e la sua squadra cercheranno di sfruttare per portare alla luce almeno un brandello di una verità importante, dolorosa e scomoda.